Cura, educa, vigila. La missione del Fondo per l’Ambiente Italiano, che quest’anno celebra un traguardo significativo, ha il suo fondamento in questi imperativi irrinunciabili, perseguiti per cinquant’anni con il contributo di tutti, fondatori e iscritti.
Era il 1975 quando Giulia Maria Mozzoni Crespi, ispirata da Elena Croce, figlia del grande filosofo Benedetto, e sostenuta dall’entusiasmo di Renato Bazzoni, Alberto Predieri e Franco Russoli, firmò l’atto costitutivo e lo statuto del FAI, destinato a creare, in Italia, una fondazione sul modello del National Trust britannico (l’organizzazione impegnata nella tutela e salvaguardia di edifici e monumenti di interesse storico e di siti di interesse ambientale). Una dichiarazione d’intenti di pochi cittadini coraggiosi decisi a fare qualcosa di concreto per il bene del Paese, in un periodo – gli anni Settanta – in cui il patrimonio storico e naturalistico italiano era minacciato dalla speculazione e richiedeva interventi urgenti per essere salvato.

La cura è iniziata nel 1977, anno del primo grande restauro, che ha trasformato il Monastero di Torba, a Gornate Olona (vicino a Varese) da luogo abbandonato a Patrimonio Mondiale Unesco. Ed è proseguita con il primo restauro paesaggistico del 1987, quando la Baia di Ieranto, a Massa Lubrense (in provincia di Napoli), è diventato un esempio virtuoso di rigenerazione di una ex area industriale. Qui, fino al 1950, i minatori avevano lavorato per scavare la montagna e portare il calcare a Bagnoli, dove era attiva l’acciaieria, la cui chiusura aveva causato quella della cava di calcare della Baia, lasciando in abbandono un luogo di grande bellezza. La donazione al FAI delle strutture della cava da parte dell’Italsider ha reso possibile il restauro del sito e delle strutture abbandonate, il ripristino della macchia mediterranea e la riapertura nei primi anni Duemila.
L’opera di educazione è stata avviata nel 1993 con il lancio delle Giornate di Primavera del FAI, primo grande evento di sensibilizzazione e conoscenza dedicato al patrimonio culturale italiano, che, insieme all’edizione autunnale, ha contribuito a far aumentare il numero degli iscritti dai 1000 dei primi anni Ottanta agli oltre 300.000 di oggi.
Da allora, e soprattutto negli ultimi anni, dominati dal surriscaldamento del pianeta e da fenomeni climatici sempre più devastanti, l’urgenza per l’umanità di adottare un approccio più responsabile e rispettoso dell’ambiente è passata anche attraverso la missione del FAI.
Le numerose campagne portate avanti per la tutela del suolo, dell’acqua, del clima e della biodiversità sono ispirate alle buone pratiche messe in campo dal 1975 – il risparmio energetico, la riduzione degli sprechi idrici, l’economia circolare e la raccolta differenziata dei rifiuti, per citarne solo alcune – per educare alla cura e al godimento del paesaggio e del patrimonio storico e artistico, affinché “l’esperienza del bello”, come ha affermato Marco Magnafico, presidente del FAI, “non si riduca a consumo superficiale, ma si trasformi in consapevolezza e impegno civile”.
La vigilanza sulla tutela dei beni paesaggistici e culturali, nello spirito dell’articolo 9 della Costituzione italiana, rientra nel ruolo sociale, oltre che culturale della Fondazione, ma “è e deve essere una responsabilità condivisa”, per “garantire che queste ricchezze siano preservate da tutti e soprattutto dai giovani, che saranno i curatori dei paesaggi di domani”.
Viviana Rossi