Dopo anni di denunce e silenzi, arriva una condanna ufficiale: la Corte Europea dei Diritti Umani ha stabilito che l’Italia ha messo in pericolo la vita degli abitanti della Terra dei Fuochi, non adottando misure adeguate per contrastare il grave fenomeno dell’inquinamento. Il verdetto è chiaro: lo Stato ha fallito nella sua missione di proteggere i cittadini, lasciandoli esposti a un rischio «grave, reale e imminente».
Omertà e ritardi: lo Stato non ha fatto abbastanza
Secondo la sentenza, l’Italia non ha fornito una risposta efficace e tempestiva alla crisi ambientale della Terra dei Fuochi. I progressi nella valutazione dell’impatto dell’inquinamento sono stati lenti e frammentari, mentre i dati sulla reale pericolosità della situazione sono stati nascosti per anni, in alcuni casi coperti dal segreto di Stato. Sarebbe invece stata necessaria, secondo la Corte, una strategia di comunicazione chiara e accessibile per informare i cittadini sui pericoli e sulle azioni intraprese. Cosa che, però, non è avvenuta.
Le orgogliose (ma sfiduciate) testimonianze di chi si è visto riconoscere la lotta per la verità
Il verdetto di Strasburgo arriva dopo il ricorso di 41 cittadini e cinque associazioni. Sebbene le associazioni siano state escluse dalla sentenza in quanto non direttamente coinvolte, la Corte ha riconosciuto la violazione del diritto alla vita e l’omissione dello Stato nella tutela della salute pubblica.
Questo pronunciamento, definito “storico” dagli avvocati che hanno seguito il caso, obbliga l’Italia a intervenire con misure concrete e definitive. «Abbiamo subito calunnie, minacce, derisioni. Ma sapevamo cosa stavamo combattendo», ha dichiarato don Maurizio Patriciello, da sempre in prima linea nella difesa del territorio. Il sacerdote di Caivano ha visto la sua famiglia colpita da lutti legati all’inquinamento e ha denunciato per anni l’omertà attorno a questa tragedia.
“Ora basta parole, si attende un intervento concreto”
Anche i cittadini coinvolti nella battaglia, come Alessandro Cannavacciuolo e Enzo Tosti, hanno pagato un prezzo altissimo, con malattie e perdite familiari che pesano come macigni. «Dopo undici anni arriva finalmente una sentenza che attesta come lo Stato italiano non abbia tutelato la salute dei suoi cittadini. E ora basta annunci e proclami, bisogna intervenire con le bonifiche e un nuovo e concreto progetto di rilancio di questo territorio», afferma Cannavacciuolo, tra i promotori del ricorso del 2013. «La sentenza è un passo avanti, ma la battaglia non è finita: ogni giorno nella Terra dei Fuochi si continua a sversare rifiuti e le persone continuano ad ammalarsi». La popolazione chiede quindi risposte immediate, non più promesse: «Non possiamo più aspettare. È ora di agire con bonifiche reali e un piano di rilancio per il territorio».
Legambiente: «Serve un “vaccino”. Lo dobbiamo ai tanti onesti cittadini campani che vogliono riscattare il proprio territorio»
La sentenza ha scosso anche il panorama politico. Legambiente denuncia che in vent’anni ben 12 governi hanno ignorato il problema. «Una sentenza che richiama alla responsabilità un’intera classe politica bipartisan che per anni ha sottovalutato, nascosto quello che accadeva in quel territorio. Dal 2003, anno in cui come Legambiente abbiamo coniato il termine nel nostro rapporto Ecomafia, raccogliendo le denunce che arrivavano dai nostri circoli presenti sul territorio, si sono succeduti 12 governi nazionali e 5 a livello regionale senza trovare un “vaccino” efficace contro il virus “Terra dei fuochi”.
Chiediamo che in quei territori venga da subito attuata la sentenza, che impone una strategia globale, l’istituzione di un monitoraggio indipendente e una piattaforma di informazione pubblica. Deve essere fatta davvero ecogiustizia, a partire da una accelerazione seria, efficiente ed efficace della bonifica e con la chiusura del ciclo dei rifiuti. Lo dobbiamo ai tanti onesti cittadini campani che vogliono riscattare il proprio territorio e affermare i principi di legalità e trasparenza», dichiarano i rappresentanti dell’associazione. Anche in Parlamento le reazioni sono accese: mentre l’opposizione chiede interventi urgenti, il governo attuale assicura che la lotta ai reati ambientali è una priorità.
Dopo decenni di inerzia, Strasburgo ha (giustamente) imposto all’Italia di agire. Il tempo è scaduto, la popolazione non può più attendere: il diritto alla vita e alla salute non può essere ignorato. Ora i riflettori sono puntati sullo Stato, che dovrà dimostrare con i fatti di voler finalmente mettere fine a questa emergenza. Che sia finalmente fatta giustizia per la Terra dei Fuochi.
Sofia Comentale