Gli artisti dell’antica Pompei erano in grado di ottenere un’incredibile varietà di tonalità attraverso la sapiente miscelazione delle materie prime. Una ricerca pubblicata sulla rivista internazionale Journal of Archaeological Science ha rivelato la scoperta di un pigmento grigio unico, in cui la presenza di barite e alunite fornisce la prima prova dell’uso del solfato di bario nel Mediterraneo antico.
L’indagine ha preso in esame i pigmenti rinvenuti in contesti pompeiani di straordinaria importanza, che coprono un arco temporale dal III secolo a.C. fino all’eruzione del 79 d.C., permettendo così di analizzare quasi interamente la tavolozza pittorica degli antichi decoratori.
“Questo studio rappresenta un significativo passo avanti nella comprensione delle tecniche pittoriche degli antichi Romani”, ha dichiarato Celestino Grifa, professore associato di Petrografia e Petrologia presso il Dipartimento di Scienze e Tecnologie dell’Università degli Studi del Sannio. “La possibilità di quantificare accuratamente i composti coloranti nelle miscele ci ha permesso di rivedere il processo artistico delle pitture murali, che prevedeva miscelazione dei pigmenti puri – in particolare il blu egizio, il bianco e il rosso piombo – che venivano sapientemente proporzionati per creare la palette desiderata”.
L’analisi dei pigmenti è stata condotta con un approccio scientifico non invasivo, che combina microscopia e spettroscopia per preservare l’integrità dei beni culturali. Questo metodo è stato applicato anche agli affreschi recentemente scoperti, nell’ambito di una collaborazione scientifica che integra ricerca e restauro.
L’ultima campagna ha riguardato la stanza rossa della Casa del Tiaso, dove le analisi diagnostiche sono state eseguite in sinergia con le operazioni di conservazione. “È uno studio essenziale anche ai fini del restauro degli affreschi pompeiani, che sono molto fragili e richiedono una conoscenza approfondita per una corretta conservazione”, ha spiegato il direttore del Parco, Gabriel Zuchtrieghel. “Simili analisi sono già in corso per la megalografia dionisiaca recentemente scoperta. Esemplare sinergia tra ricerca e tutela che esprime l’eccellenza italiana in questo settore”.
Sarah Riera