Fino alla seconda metà del ‘900 il poker era un gioco di carte legato al mondo dell’azzardo e spesso le partite venivano giocate in ambienti piuttosto malfamati. Le bische clandestine erano molto diffuse e spesso gestite da esponenti della criminalità. Oggi, i giocatori più anziani ancora ricordano il mondo del poker in quegli anni e lo definiscono piuttosto “pericoloso”.

Fortunatamente tutto è cambiato e il poker si gioca all’interno dei casinò e durante i tornei, oltre che in modalità virtuale grazie alla diffusione del poker online. Ad essere cambiata è proprio la percezione di poker, e en particolare il poker online, che ha iniziato ad essere considerato – e per questo apprezzato – come un gioco di abilità. Per alcuni si tratta di un vero e proprio sport, anche se è comunque presente una componente di azzardo. In questo articolo cercheremo di capire se è effettivamente così.

Quando è avvenuto il cambiamento

Ma precisamente quando il poker ha vissuto questo epocale cambiamento? Il poker ha iniziato ad essere considerato una disciplina sportiva in concomitanza con la comparsa dei tornei di poker. Alla fine degli anni ’60 del secolo scorso nel Nevada vennero organizzati i primi tornei ad invito, che erano i precursori delle moderne World Series of Poker.

Questo evento si disputò ufficialmente a partire dal 1970 a Las Vegas, con la prima edizione che contava meno di dieci giocatori iscritti, ma negli anni successivi conoscerà una forte espansione. Tra le specialità di poker presenti quella che maggiormente si diffuse è stata il Texas Hold’em o poker alla texana, una specialità a carte comunitarie che progressivamente ha soppiantato il poker all’italiana, molto diffuso in precedenza.

Ma il grande contributo che i tornei hanno dato alla storia del poker è quello di aver cambiato per sempre la percezione di questo gioco, da gioco d’azzardo a gioco di abilità. D’altronde i giocatori che siedono ai tavoli finali sono quasi sempre i giocatori professionisti più forti ed è davvero difficile per un principiante batterli. Le eccezioni come il caso di Chris Moneymaker, che nel 2003 vinse un braccialetto delle WSOP aggiudicandosi oltre 2,5 milioni di dollari, sono davvero rare.

Negli anni ’70 hanno iniziato ad essere pubblicati anche i primi libri sulla strategia, i quali hanno ulteriormente ribadito quanto sia importante l’abilità. Il più famoso è sicuramente Super/System di Doyle Brunson, che è considerato come una vera e propria Bibbia del poker.

Il poker può essere considerato uno sport?

Chi considera il poker una disciplina sportiva, al pari del calcio o del basket, ritiene che la componente di abilità sia superiore e dominante rispetto alla componente di fortuna. La classificazione del poker come sport o meno passa proprio da qui.

Ci sono dei giochi di abilità pura, come ad esempio gli scacchi, dove per vincere è necessario battere l’avversario esclusivamente attraverso la conoscenza della strategia e l’applicazione della teoria. Così come ci sono giochi di azzardo puro, come la roulette, nella quale le abilità del giocatore non hanno alcuna possibilità di modificare il risultato. Il poker invece possiede entrambe le componenti. Quale prevalga è però ancora oggetto di dibattito.

Di sicuro nel poker ad alto livello la fortuna non basta e sono necessarie delle competenze di alto livello di tipo matematico e psicologico. Queste due discipline, infatti, sono intimamente collegate con il moderno gioco del poker.

La probabilità è fondamentale per poter impostare la propria strategia su una base di dati, che devono essere conosciuti e applicati alle singole situazioni di una partita. La psicologia è altrettanto importante, se non di più. Alcuni affermano che il poker è a tutti gli effetti un gioco psicologico.

Tra le abilità richieste in questo ambito ci sono il controllo delle emozioni e la capacità di interpretare la comunicazione non verbale. Il giocatore deve allenarsi a non far trasparire le proprie emozioni, con lo scopo di non dare all’avversario delle preziose informazioni sull’andamento della propria mano. Al tempo stesso, però, è necessario essere bravi a carpire più informazioni possibile dagli avversari, leggendo i cosiddetti ‘tell’, cioè degli impercettibili segnali involontari, come il tremolio della mano o un movimento degli occhi. Tra l’altro bisogna anche escludere i falsi tell, cioè i segnali fatti dagli avversari appositamente per confondere.

Altre capacità che sono richieste ai giocatori di poker sono la resistenza fisica e la capacità di concentrazione. Giocare in un torneo richiede di stare seduti al tavolo per numerose ore, durante le quali è necessario essere concentrati, una abilità non da tutti. Inoltre, bisogna prendere delle decisioni dal valore economico molto elevato (anche milioni di dollari) sotto pressione e in poco tempo.

Un altro argomento portato dai sostenitori del poker come sport è che la carriera di un giocatore professionista sia del tutto paragonabile a quella di uno sportivo. Chi decide di dedicarsi in modo professionale al poker passa ore della giornata a studiare e ad allenarsi, esattamente come uno sportivo, per prepararsi ad eventi come le World Series of Poker.

Sicuramente il dibattito è ancora aperto e non si è arrivati ad una definizione univoca, soprattutto a livello istituzionale. Non sappiamo se cambierà qualcosa nel prossimo futuro, ma nel frattempo c’è qualcuno che ha proposto di far diventare il poker disciplina olimpica a partire da Brisbane 2032.

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