La guerra dei dazi imposta dagli Stati Uniti rischia di avere un forte impatto sull’economia campana, soprattutto nei settori agroalimentare e farmaceutico. Il presidente della giunta regionale della Campania, Vincenzo De Luca, ha evidenziato le possibili conseguenze di queste misure economiche.
“Dobbiamo sapere che ci sarà un problema con i dazi Usa. Noi valutiamo che per quello che riguarda i principali flussi di esportazione della Regione Campania negli Stati Uniti, avremo un danno di mezzo miliardo di euro”. De Luca sottolinea l’importanza di aprire un dialogo con gli Stati Uniti, pur riconoscendo la difficoltà di trattare con interlocutori come Donald Trump ed Elon Musk. “In modo particolare – spiega De Luca – l’effetto sarà sull’agroalimentare e sul settore farmaceutico. E quindi dobbiamo sapere che potremo subire dei colpi anche rilevanti. Credo che si debba aprire in ogni caso una trattativa con gli Stati Uniti, in cui ovviamente i personaggi non sono particolarmente affidabili. Io guardo al modo di presentarsi di Trump e di un altro squinternato che è Elon Musk, uomo pieno di soldi ma non molto equilibrato per quello che mi riguarda, e quindi sappiamo che sono interlocutori difficili. Però dobbiamo aprire in ogni caso una trattativa: se le cose trovano un punto di equilibrio andiamo avanti, altrimenti dovremo imboccare una strada che non è mai gradevole, quella delle ritorsioni nei dazi. Ma non credo che sia una strada che porti molto lontano, quindi ci auguriamo che anche per i problemi che ci saranno prima o poi negli stessi Stati Uniti America, dove avranno un aumento dei prezzi al consumo, ci possa essere una posizione maggiormente equilibrata anche da parte del Governo americano”.
Il presidente di Confesercenti Campania, Vincenzo Schiavo, ha espresso preoccupazione per le ripercussioni sui settori produttivi della regione. “Come Confesercenti Campania e per il Mezzogiorno, che da sempre rappresenta la produttività, l’eccellenza dei suoi prodotti – abbigliamento, gastronomia (pomodori, mozzarella, vino), farmaceutica – nel resto del mondo, siamo spaventati dai dazi. L’economia americana è imponente, ma non sviluppata in modo uniforme, con i dazi anche le produzioni negli Stati Uniti si ridurranno e ci sarà una riduzione della forza lavoro anche in Italia”. Per Schiavo, la soluzione passa attraverso la diplomazia: “Servono rapporti diplomatici forti per far capire al presidente Trump, attraverso il lavoro della presidente del Consiglio Giorgia Meloni e quello delle istituzioni dell’Ue, che i dazi potrebbero essere un problema per l’economia europea, per il Mezzogiorno ma anche per quella americana. Quindi, si devono motivare le aziende europee a continuare a produrre e stimolare gli americani a comprare, facendo sì che il nostro territorio continui a essere un’eccellenza gastronomica e artigianale”. Inoltre, aggiunge che “armare le diplomazie rappresenta l’unico mezzo per uscire dall’angolo dei dazi, che porteranno disastri negli altri paesi, ma disagi anche agli stessi americani”.
Domenico Raimondo, presidente del Consorzio Tutela della mozzarella di bufala campana Dop, ha analizzato le possibili conseguenze per il settore caseario. “La preoccupazione c’è, non si può nascondere. Siamo sulla graticola, anche se speriamo di riuscire a essere ancora esclusi dalla lista dei prodotti colpiti, come ai tempi dei dazi della prima amministrazione Trump. Abbiamo mantenuto buoni rapporti, anche con le nostre buone maniere. Se invece ci saremo, chiaramente perderemo delle fette di mercato, e possiamo parlare sicuramente di una batosta, dato che il 20% del nostro export è negli Stati Uniti. Siamo fortunati che la bufala campana non è ‘sostituibile’, dato che non esiste sul territorio Usa, e questo probabilmente ci favorisce. Però chiaramente, visto che oggi vendiamo la mozzarella a 60-80 euro al chilo negli Usa, se arrivasse a 150-200 euro al chilo sarebbe un problema in termini di mercato”.
Per Raimondo, la strategia da adottare è quella della diversificazione: “La nostra politica è di aprire sempre di più nuovi mercati, stiamo puntando soprattutto su Asia e Medio Oriente, in particolare l’area dei Paesi del Golfo, dove iniziamo a ottenere dei buoni risultati. Chiaramente non sono cifre che ci possano permettere di sostituire subito un mercato come gli Stati Uniti”. L’obiettivo è ridurre la dipendenza da un singolo mercato, evitando situazioni di crisi come quella attuale: “L’obiettivo strategico è comunque diversificare, ci sono studi per cui bisogna stare attenti a superare il proprio 10% di export in un solo Paese, altrimenti poi si è soggetti a problemi in caso di eventi come questo, o di guerre. Anche la Russia, prima del Covid, prima ancora della guerra in Ucraina, chiuse il suo mercato”.
Sarah Riera