Un’organizzazione strutturata e multimilionaria, gestita da tre avvocati del Nolano ora in carcere, è stata smantellata dalla Polizia di Stato e dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Napoli, che oggi ha notificato 45 misure cautelari. L’inchiesta ha fatto emergere un ampio giro di sfruttamento dell’immigrazione clandestina, estorsioni aggravate dal metodo mafioso, falsi ideologici e truffe.
L’indagine ha avuto origine dal monitoraggio di un poliziotto infedele in servizio nel Vesuviano, ritenuto legato al clan Fabbrocino. Da lì si è allargata fino a coinvolgere anche un altro agente in servizio al commissariato Poggioreale di Napoli, ora agli arresti domiciliari. Quest’ultimo inseriva le richieste di ingresso per cittadini extracomunitari sul portale dello Sportello Unico per l’Immigrazione (SUI), utilizzando identità digitali fornitegli da altri membri dell’organizzazione. Intercettato, ironizzava sui reati commessi: “tutto a posto, 624, 625bis… furto e furto con destrezza”.
Il cuore del sistema era rappresentato da un meccanismo rodato che prevedeva la partecipazione di “inseritori” e “cliccatori”, dotati di computer potenti e connessioni veloci, pronti ad agire durante i cosiddetti click-day, momenti fondamentali per presentare le domande online prima degli altri. “Mi hai dato 200mila euro… mi dovevi dare 600mila euro… vogliono venire? Devono pagare altrimenti se ne devono andare, non faccio neanche una carta se non mi pagano”, diceva intercettato uno degli avvocati ritenuti al vertice dell’organizzazione. Le sue parole svelano tutta l’avidità dietro il lucroso traffico.
Il valore dell’affare, secondo gli investigatori, era di milioni di euro. In un’intercettazione due dipendenti di un commissariato parlano del coinvolgimento di un collega e di un avvocato in un giro che avrebbe fruttato circa un milione di euro. Una somma talmente alta da attirare anche le attenzioni della camorra, che avrebbe cercato di ottenere un’estorsione di 100mila euro.
Non tutti gli stranieri che avevano pagato ingenti somme per essere inseriti nelle liste ottennero quanto promesso. Alcuni, sentendosi truffati, minacciarono di denunciare. La reazione non si fece attendere: uno dei tre avvocati, considerato promotore dell’intero sistema, avrebbe minacciato ritorsioni. A quest’ultimo è stata sequestrata una Ferrari, ritenuta provento dell’attività illecita. In un’altra intercettazione, lo stesso avvocato ammette con un collaboratore che la crescita esponenziale delle richieste, soprattutto dal Bangladesh e dallo Sri Lanka, stava attirando troppa attenzione: l’affare stava diventando troppo rischioso.
Sarah Riera