processo ex sindaco poggioarino

Un colpo di scena scuote il processo in corso al Tribunale di Torre Annunziata nei confronti dell’ex sindaco di Poggiomarino Maurizio Falanga, del suo ex vice Luigi Belcuore e di Franco Carillo. La decisione dei giudici di celebrare tutte le future udienze a porte chiuse segna una svolta nel procedimento penale che ha acceso l’attenzione mediatica e giudiziaria. A motivare il provvedimento, la registrazione e la successiva diffusione sui social dell’intera testimonianza del collaboratore di giustizia Raffaele Carrillo, avvenuta durante la precedente udienza in aula.

La decisione dei giudici: udienze vietate al pubblico

La presidente del collegio giudicante, Maria Rosaria Salzano, affiancata dai giudici a latere Emma Aufieri e Carmela De Simone, ha firmato il provvedimento che dispone la chiusura al pubblico del processo. La richiesta è partita dal pubblico ministero Giuseppe Visone, rappresentante della Direzione Distrettuale Antimafia di Napoli, a seguito di quanto emerso nell’ultima udienza.

Il pm ha evidenziato la necessità di tutelare la sicurezza dei testimoni e di garantire il regolare svolgimento del dibattimento, dopo che le indagini dei carabinieri del Nucleo investigativo del Gruppo di Torre Annunziata hanno confermato che la deposizione del pentito era stata registrata in modo illecito e poi diffusa attraverso i canali social.

L’episodio: la registrazione in aula e la diffusione online

La scoperta della registrazione ha fatto scalpore, anche perché le udienze del processo – che si svolgono nell’aula intitolata a Giancarlo Siani – hanno sempre visto una significativa presenza di pubblico. Tuttavia, uno dei presenti avrebbe ripreso l’intera deposizione di Raffaele Carrillo, ex esponente della criminalità organizzata oggi collaboratore di giustizia, e avrebbe poi condiviso il materiale in rete.

Questo gesto ha provocato gravi rischi per la sicurezza del testimone e ha portato alla richiesta formale del pubblico ministero di procedere senza la presenza di persone esterne al processo. Il collegio giudicante ha accolto l’istanza senza esitazione, sancendo così una nuova fase del dibattimento: quella a porte chiuse.

Gli imputati: Falanga, Belcuore e Carillo ai domiciliari

Al centro del procedimento penale ci sono tre imputati, tutti sottoposti agli arresti domiciliari: l’ex sindaco Maurizio Falanga, il suo vice Luigi Belcuore e Franco Carillo. I tre si difendono dall’accusa di voto di scambio politico-mafioso, ipotesi contestata dalla Procura Antimafia.

Secondo la ricostruzione degli inquirenti, Falanga e i suoi coimputati avrebbero stretto un patto elettorale con Rosario Giugliano, noto come “’o minorenne”, all’epoca considerato il boss egemone di Poggiomarino. In cambio di appoggio elettorale, i politici avrebbero promesso favori o agevolazioni al clan.

Rosario Giugliano, l’accusatore: da boss a collaboratore

Rosario Giugliano detto “‘o minorenne”

Figura centrale dell’inchiesta è proprio Rosario Giugliano, il boss noto con il soprannome di “’o minorenne”, oggi anch’egli collaboratore di giustizia. È lui il principale accusatore degli ex amministratori locali, e la sua versione dei fatti ha dato nuova forza al procedimento giudiziario.

Giugliano, nel corso delle sue dichiarazioni, ha raccontato in maniera dettagliata le dinamiche del patto elettorale e le relazioni tra clan e politica, configurando un sistema di scambi di favori finalizzati a consolidare il potere sia del gruppo criminale che degli imputati nelle istituzioni locali.

L’impatto sulla pubblica opinione e sulla sicurezza del processo

La fuga di notizie e la diffusione online di una testimonianza così delicata ha sollevato interrogativi anche sull’efficacia delle misure di sicurezza all’interno del tribunale. Il fatto che qualcuno sia riuscito a registrare e diffondere una deposizione coperta da riservatezza ha mostrato una falla nel sistema di controllo, generando preoccupazione tra magistrati, avvocati e investigatori.

La decisione di passare a udienze non pubbliche è quindi una misura necessaria, spiegano fonti giudiziarie, per evitare nuove violazioni e per garantire che collaboratori e testimoni possano continuare a parlare con serenità e senza timore di ritorsioni.

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