Un’ombra si allunga sulla Piazza della Libertà di Sant’Antonio Abate, o meglio, sul suo cuore pulsante: il Monumento ai Caduti.
Quella che doveva essere una temporanea rimozione per consentire la riqualificazione dell’area si sta trasformando in un vero e proprio giallo, tra documenti contestati, accuse di “denigrazione” e un’opera d’arte che rischia di perdere la sua anima e la sua memoria.

Al centro della vicenda, l’amministrazione comunale guidata dalla sindaca Ilaria Abagnale e gli autori del Monumento, che vedono stravolto il significato della loro creazione. Inaugurato con solennità nel 2002, il Monumento ai Caduti ha rappresentato per sedici lunghi anni il punto focale della vita civica di Sant’Antonio Abate.
Era lì, in quella che fu piazza Vittorio Emanuele, poi Don Mosè Mascolo, e oggi piazza della Libertà, a custodire i nomi dei cittadini caduti in guerra, unendo la comunità nelle celebrazioni e nel ricordo.
Dalla piazza al seminterrato: una scomparsa annunciata?
Con l’avvio del progetto di riqualificazione della piazza, il Monumento è stato, a detta dell’amministrazione, “collocato nel seminterrato della Casa Comunale“. Una mossa temporanea, si pensava, in attesa di una degna ricollocazione. Ma le cose non sono andate come previsto.
La vicenda ha assunto contorni ancora più intricati il 18 aprile scorso, quando il Comune di Sant’Antonio Abate ha pubblicato sul proprio sito una comunicazione che ha fatto sobbalzare molti. L’Ufficio Staff ha dichiarato, in sostanza, che il Monumento ai Caduti non sarebbe oggetto di tutela ai sensi del D.Lgs. 42/2004 (il Codice dei Beni Culturali e del Paesaggio).

Una rivelazione quantomeno “fantomatica”, dato che, come dimostra un documento autorizzativo del 13 novembre 2018 firmato dalla Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio per l’area metropolitana di Napoli, il Monumento di Jole Raimo (datato 2002) è chiaramente autorizzato allo spostamento “ai sensi dell’art. 10, comma d, e del D.L.vo 22/1/2004 n. 42”.
Non solo: il documento specifica che l’opera, “catalogata dal Ministero dei Beni Culturali“, è “oggetto di specifiche disposizioni di tutela“. Dunque, contrariamente a quanto comunicato dal Comune, il Monumento rientra eccome nelle tutele della legge.
Il “Nihil obstat” della Soprintendenza e il “giallo” della Tutela
Il progetto originario di riqualificazione della piazza (con parere paesaggistico n. 5406 del 5.3.2014) prevedeva una chiara ricollocazione: il Monumento doveva tornare in piazza, “in prossimità dell’ingresso principale della Casa Comunale“, su un palco antistante che avrebbe integrato il secondo lotto dei lavori.
L’amministrazione Varone aveva persino deliberato in tal senso (Delibera di Giunta Comunale n. 14 del 25/1/2019), e il finanziamento per il secondo lotto era stato ottenuto nell’ambito del Piano Strategico della Città Metropolitana di Napoli.

Ma qui arriva il colpo di scena. Come si evince da uno stralcio di lettera inviata dalla Sindaca agli autori, il progetto del secondo lotto è stato stravolto. Il palco non è più “contemplato nei lavori“, e il Monumento, anziché tornare in piazza, verrebbe “delocalizzato presso altra area di proprietà comunale, situata nello spazio antistante il cimitero“.
Questa decisione ha scatenato la forte reazione degli autori. Il loro intento era creare un’opera celebrativa di valori civili e religiosi, un punto di incontro per la memoria dei caduti e per la comunità, non un “monumento funerario” da relegare al complesso cimiteriale. La decontestualizzazione e lo spostamento annullerebbero, a loro dire, la simbolicità e stravolgerebbero il significato profondo dell’opera.
Pretesti e timori per il futuro
L’amministrazione adduce “motivi pretestuosi” per il mancato riposizionamento in piazza. Le “piantumazioni” e i “ritrovamenti archeologici” citati dal sindaco nella sua lettera, secondo gli autori, sono lontani dall’ingresso principale del Palazzo Comunale, dove il Monumento avrebbe dovuto essere ricollocato. Questo suggerisce che non vi siano reali impedimenti tecnici alla sua posizione originale.
Gli autori, di fronte a questo stravolgimento del progetto e alle comunicazioni ufficiali che sembrano contraddire i documenti della Soprintendenza, esprimono profonda preoccupazione per il destino dell’opera.