Napoli, paziente recupera la vista grazie alla terapia genica per la sindrome di Usher 1B

Un giovane di 38 anni affetto dalla sindrome di Usher di tipo 1B ha recuperato la vista grazie a un trattamento pionieristico sperimentato a Napoli. È la prima volta al mondo che una terapia genica innovativa ha portato a un miglioramento clinicamente dimostrato in pazienti con questa rara malattia ereditaria, che causa sordità e cecità progressiva. L’intervento è stato eseguito nella clinica oculistica dell’Università degli Studi della Campania “Luigi Vanvitelli”, diretta dalla professoressa Francesca Simonelli.

L’eccezionale risultato è frutto dello studio internazionale di fase I/II LUCE-1, sponsorizzato dalla biotech AAVantgarde Bio, nata nel 2021 come spin-off dell’Istituto della Fondazione Telethon. Il primo paziente trattato, Antonio, ha ricevuto la dose più bassa prevista dallo studio. A un anno dall’intervento, avvenuto nel luglio 2024, la sua vista è stata recuperata sia da vicino che da lontano, anche in condizioni di scarsa luminosità.

“L’intervento di terapia genica non è, in sé, particolarmente complesso – spiega Simonelli – si svolge in anestesia generale e prevede di iniettare nello spazio al di sotto della retina due vettori virali distinti, che trasportano ciascuno metà dell’informazione genetica necessaria per produrre la proteina che manca nei pazienti. Il recupero dall’intervento è rapido e l’effetto sull’acuità visiva è visibile già dopo pochi giorni: a due settimane di distanza, per esempio, il primo paziente trattato mostrava già un miglioramento della capacità visiva e a un mese era in grado di vedere meglio anche in condizioni di scarsa luminosità. A oggi, di fatto, gli è stata restituita la vista”.

Lo studio coinvolge anche il Moorsfield Eye Hospital e la The Retina Clinic di Londra, ma è il centro partenopeo ad aver eseguito i primi interventi, trattando altri sette pazienti con la stessa sindrome, in parte con la dose più bassa e in parte con una dose intermedia. Presto, altri sette pazienti saranno coinvolti per testare un terzo dosaggio più elevato.

“I dati preliminari raccolti sugli altri 7 pazienti trattati finora – aggiunge Simonelli – confermano la sicurezza e tollerabilità della terapia genica. Non si sono registrati eventi avversi seri a nessuna delle due dosi testate e l’infiammazione oculare osservata in alcuni pazienti è poco frequente, limitata e si risolve con una terapia a base di corticosteroidi. Questi risultati molto incoraggianti costituiscono una speranza per tanti pazienti con malattie retiniche ereditarie”.

La sindrome di Usher di tipo 1B colpisce circa 20.000 persone tra Europa e Stati Uniti ed è causata da mutazioni del gene MYO7A. Finora non esistevano cure per la retinite pigmentosa, la principale causa di perdita visiva nei pazienti con questa sindrome. “Mentre è possibile trattare la sordità, non esistono terapie che possano curare la Retinite pigmentosa. La terapia genica, con cui si trasferiscono nei pazienti versioni corrette dei geni responsabili della loro malattia, è una possibilità di intervento ma finora nella sindrome di Usher di tipo 1B era impraticabile a causa delle caratteristiche del gene MYO7A, troppo grande per essere trasferito con uno dei vettori virali usati oggi per correggere i difetti genetici oculari”, spiega ancora Simonelli.

Un traguardo reso possibile anche grazie agli studi condotti al Tigem, l’Istituto Telethon di Genetica e Medicina. “L’innovativo trattamento che ha permesso un importante recupero della vista in questo giovane uomo – spiega Alberto Auricchio, direttore del Tigem e della ricerca di AAVantgarde Bio – è frutto di oltre dieci anni di ricerca condotta al Tigem grazie al costante supporto della Fondazione Telethon. La terapia genica è oggi una realtà terapeutica per diverse malattie, ma ci sono ancora degli ostacoli che ne limitano l’applicazione: tra questi c’è la capienza limitata dei vettori virali, i virus modificati utilizzati per trasferire nelle cellule dei pazienti versioni corrette dei geni responsabili delle loro patologie”.

Auricchio aggiunge: “Nel nostro istituto abbiamo sviluppato l’innovativa piattaforma che consente di superare questo limite tecnico e di poter applicare la terapia genica anche in malattie che dipendono da geni troppo ‘grandi’ per essere inseriti nei vettori attuali. Una volta iniettati nella cellula, questi vettori contenenti ciascuno metà delle istruzioni per la proteina terapeutica consentono di produrla nella sua forma completa e funzionante. Oggi celebriamo i primi risultati positivi per la sindrome di Usher di tipo 1B: l’auspicio è di poterli presto replicare anche in altre malattie oculari ereditarie dovute a geni troppo grandi, offrendo così un’opportunità di cura laddove finora era preclusa”.

Maria Rosaria Campitiello, capo Dipartimento della prevenzione del ministero della Salute, commenta: “La Sindrome di Usher rappresenta una delle sfide più complesse della medicina moderna. Grazie al talento, alla competenza e alla collaborazione virtuosa tra Istituzioni, mondo accademico, ricerca e territorio, oggi celebriamo con orgoglio un risultato concreto e tangibile. Questo traguardo descrive l’eccellenza della ricerca pubblica italiana e la sua straordinaria capacità di trasformare visione e dedizione in progresso reale per il Paese”.

Campitiello sottolinea anche l’impegno istituzionale: “Il trattamento sperimentale di terapia genica a doppio vettore, applicato dalla Clinica Oculistica dell’Università Vanvitelli rappresenta una pietra miliare nel campo delle malattie genetiche rare. Come Ministero della Salute, attraverso la Direzione Generale della Ricerca, sosteniamo con determinazione la ricerca. In ambito oculistico abbiamo finanziato un progetto dedicato al glioma del nervo ottico e con le risorse del PNRR abbiamo sostenuto altri 11 progetti. Il nostro impegno però è sistemico: con oltre 524 milioni di euro destinati alla ricerca sanitaria attraverso il Pnrr, stiamo promuovendo innovazione, equità e sostenibilità su tutto il territorio nazionale. Questo è il nostro compito: trasformare ogni scoperta in cura, ogni dato in azione, ogni visione in realtà”.

A chiudere, l’orgoglio dell’Ateneo Vanvitelli. “L’Università è un luogo privilegiato per la ricerca e la sperimentazione di nuove terapie e l’Ateneo Vanvitelli si distingue da sempre per la presenza di ricercatori e scienziati di livello internazionale”, afferma il rettore Gianfranco Nicoletti. “In questo scenario, sono particolarmente orgoglioso che la nostra Clinica Oculistica, diretta dalla professoressa Simonelli, in sinergia con il Tigem, abbia realizzato questo importante risultato. Ritengo infatti che la ricerca scientifica sia, per sua natura, al servizio della comunità, in particolare quando consente il trattamento e la cura di patologie rare, ritenute finora incurabili, come la Sindrome di Usher, migliorando significativamente la qualità della vita dei nostri pazienti e consentendo risultati clinici di avanguardia. Ringrazio quindi tutta l’equipe della professoressa Simonelli che, con la sua professionalità e dedizione, ha reso possibile questo importante obiettivo”.

Sarah Riera

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