Palmigiano, originario di Ogliastro Cilento, era stato travolto da una violenta deflagrazione all’interno dell’opificio, riportando ustioni su oltre il 60% del corpo. Soccorso in condizioni disperate dalla Misericordia di Vallo della Lucania – postazione di Omignano, era stato trasferito in elisoccorso da Pontecagnano prima all’ospedale “Ruggi” di Salerno e successivamente al Cardarelli di Napoli, presso il centro grandi ustionati.
Nonostante le cure intensive e la mobilitazione della comunità locale che aveva avviato anche una raccolta di sangue per supportare le terapie, le condizioni dell’operaio sono progressivamente peggiorate. Dopo oltre una settimana di ricovero, Palmigiano si è spento nella mattinata di oggi all’ospedale partenopeo.
La notizia della morte ha scosso profondamente l’intera comunità cilentana. Numerosi i messaggi di vicinanza e dolore rivolti alla famiglia. Anche il sindaco e l’amministrazione comunale hanno espresso cordoglio, ricordando Palmigiano come un uomo stimato e benvoluto. Il 45enne lascia la compagna e una bambina di appena cinque anni.
Intanto, proseguono le indagini per chiarire le cause dell’esplosione, avvenuta in un impianto dove erano presenti sostanze infiammabili e tossiche. Gli inquirenti stanno verificando il rispetto delle norme di sicurezza e accertando eventuali responsabilità.
Sarah Riera
Un ricordo alla memoria di Cosimo Palmigiano, operaio, padre, uomo del silenzio e della fatica, nei versi della poetessa Yuleisy Cruz Lezcano
Nu Sciato ‘e Focu, ‘Nu Silenzio ‘mmiezzo ‘o Viento
(dedicata alla memoria di Cosimo Palmigiano)
Voci hanno suonato
tra gli ulivi di Ogliastro,
erano voci antiche, madri,
moglie che cercavano nel crisantemo
il pilastro fragile della vita.
Sfuggente astro, Cosimo,
trafitto da un morso di fiamme
affamate, ubriache di vernice,
che danzavano insaponate
in una cenere nera come l’addio.
Le sue carni, brace viva,
lottavano, prigioniere e orgogliose,
colme ancora di esistenza,
respiro inciso in ogni fibra,
traccia luminosa sull’abisso.
Ma il fuoco, inferno senza pace,
gli cucì addosso la sua uniforme,
cancellò, con dita ardenti,
le forme dolci della vita,
lasciando solo vapore e pianto.
S’alzò allora l’ultima nuvola
di un rimpianto che non sa parlare,
un andare diverso, lieve,
senza trovare parole
né mani a chiudere gli occhi.
Ora dorme tra i girasoli spenti,
mentre la figlia sogna il suo volto
in un raggio che filtra dal cielo.
E il suo nome “Cosimo”
è sussurro eterno nella fiamma
che non dimentica.
Ho scritto questa poesia per Cosimo, operaio e padre, uomo del silenzio e della fatica, perché la sua morte non resti solo un trafiletto tra le pagine del dolore ignorato. L’ho scritta per tutte le mani che lavorano mentre il mondo guarda altrove, per ogni corpo che indossa l’uniforme invisibile della dignità e viene restituito alla terra con il sudore ancora addosso.
Yuleisy Cruz Lezcano