“Adesso è il momento del dolore e del ricordo. Poi ci sarà il momento della verità”. Con queste parole, Giuseppe Noschese, padre di Michele, il 36enne noto come dj Godzi, ha salutato il figlio durante il funerale celebrato stamani nella basilica di San Francesco di Paola, in piazza Plebiscito a Napoli.
Il giovane era morto il 19 luglio a Ibiza in circostanze ancora tutte da chiarire.
Visibilmente provato, Noschese ha spiegato ai cronisti: “È l’ultima tappa mediatica, poi ce ne sarà un’altra di cui dovrò farmi carico io. Sarà una maratona, come tante che ho corso e portato a termine nella mia vita: anche questa la porterò a termine”.
Ha quindi ribadito la sua fiducia nella giustizia italiana e spagnola, ringraziando le istituzioni civili, militari e religiose per la vicinanza dimostrata in questi giorni.
Sul caso è stata disposta una nuova autopsia a Roma, i cui risultati – spiega Noschese – “saranno disponibili entro il 20 settembre”. La salma di Michele è stata sequestrata, con autorizzazione al solo seppellimento e non alla cremazione, per consentire eventuali ulteriori accertamenti in futuro.
Il padre ricorda che a Ibiza era stata effettuata un’autopsia “frettolosa, dopo appena 36 ore dalla morte” e senza che né lui né le autorità consolari italiane fossero stati informati. “A Roma è ripartito tutto da zero – ha spiegato – e gli esami radiografici svolti a Ibiza non sono stati presi in considerazione dalla Procura della Capitale”.
Giuseppe Noschese sottolinea che la famiglia “non è alla ricerca di colpevoli, ma di capire se qualcuno non fosse adeguatamente formato per gestire una situazione delicata”. Secondo le informazioni ricevute, infatti, ci sarebbe stato “un intervento piuttosto energico” che avrebbe provocato la morte del giovane, inizialmente dichiarata per infarto e insufficienza respiratoria acuta.
“Mio figlio la sera prima mi aveva detto di aver fatto 50 vasche in piscina. Per questo la diagnosi di infarto mi sembra piuttosto grossolana”, ha concluso Noschese.