Omicidio del viceispettore Luongo: tra confessioni e tensioni familiari, indagini ancora aperte

Il giudice ha disposto la custodia cautelare per il ventenne accusato di aver ucciso a coltellate il compagno della madre. La lite per un pappagallo sarebbe stata solo il detonatore di conflitti familiari più profondi, mentre la difesa parla di fragilità e presunte violenze domestiche

Resta in carcere Roberto Marchese, 20 anni, accusato dell’omicidio del patrigno, il viceispettore di polizia Ciro Luongo, accoltellato a morte nella sua abitazione al Parco Erica San Mario di Melito. Dopo l’udienza di convalida, il giudice per le indagini preliminari Valentina Gallo, del Tribunale di Napoli, ha deciso di non convalidare il fermo, ritenendo assente un concreto pericolo di fuga, ma ha disposto la custodia cautelare in carcere per la permanenza di gravi esigenze cautelari. L’interrogatorio di garanzia ha visto Marchese ammettere le proprie responsabilità, confermate anche dal suo legale.

Le parole della difesa

L’avvocato Alessandra Paolone ha riferito che il giovane è «profondamente provato, consapevole della gravità del gesto e della tragedia consumata». La legale lo ha descritto come un ragazzo «dalla personalità fragile, che sta cercando di resistere», aggiungendo che «è a pezzi». Ha anche chiesto di non definirlo «killer». Sempre secondo la difesa, nel carcere di Poggioreale il ragazzo «viene seguito con attenzione da personale qualificato».

Durante l’udienza, l’avvocato ha ribadito che «il ragazzo ha compreso la gravità del fatto, ha ammesso le proprie responsabilità ed è collaborativo. Restano, tuttavia, ancora elementi importanti da chiarire». La difesa aveva chiesto i domiciliari, ma la richiesta è stata respinta. Ora sarà il Tribunale di Napoli Nord a doversi pronunciare entro una ventina di giorni, con la possibilità di un ricorso al tribunale del Riesame.

La dinamica della lite e il ruolo del pappagallo

Secondo la ricostruzione degli inquirenti, coordinati dal pm Cesare Sirignano della Procura Napoli Nord, l’omicidio sarebbe avvenuto al culmine di una lite esplosa per la momentanea scomparsa di un pappagallino presente in casa. L’animale è poi stato ritrovato da un residente del parco, ma la tensione scatenata da quell’episodio avrebbe fatto deflagrare conflitti familiari già presenti.

Gli investigatori ritengono che il litigio rappresenti solo il detonatore di malumori repressi e di una convivenza difficile, mentre la difesa ha parlato di «presunte violenze» subite da Marchese da parte del patrigno. Al momento, però, non emergono riscontri concreti a sostegno di questa versione.

La figura di Ciro Luongo

La vittima, Ciro Luongo, 58 anni, era originario del quartiere Miano e lavorava da diversi mesi presso il commissariato di Giugliano-Villaricca, dopo incarichi alla Polfer di Aversa e al commissariato di Casal di Principe. Si era trasferito due anni fa con la compagna a Melito, nel parco residenziale Erica San Mario, dove vivevano anche i figli della donna avuti da una precedente relazione e un bambino di 11 anni nato dalla loro unione. Luongo aveva inoltre una figlia maggiore, residente a Milano con l’ex moglie.

Il contesto familiare è descritto come complesso, con tensioni che avrebbero reso difficile la convivenza e che ora costituiscono parte centrale delle indagini.

Le ombre sul contesto familiare di Marchese

Il passato familiare di Roberto Marchese appare segnato da gravi problematiche. Il padre è indagato per associazione a delinquere, il fratello maggiore si trova in carcere per un tentato omicidio, mentre il nonno paterno, Pino Marchese, noto cantante neomelodico siciliano attivo negli anni Ottanta, fu vittima di un agguato mafioso.

Questi elementi, secondo la difesa, hanno influito sulla fragilità del ragazzo. Tuttavia, gli investigatori mantengono cautela, ritenendo necessario verificare attentamente ogni dettaglio della dinamica e del contesto psicologico.

La comunità di Melito tra silenzio e choc

Nel parco Erica San Mario, teatro della tragedia, regna il silenzio. Da giorni non si vedono parenti o familiari della vittima. I vicini di casa, ancora sotto choc, raccontano di non aver percepito segnali di conflittualità evidenti all’interno della famiglia. «Sembravano tranquilli, normali», dichiarano alcuni residenti.

Mentre il quartiere resta scosso dall’accaduto, la Procura prosegue con accertamenti tecnici e approfondimenti investigativi per chiarire sia la scena dell’aggressione, sia la reale natura dei rapporti familiari. Al momento non è ancora stata resa nota la data dei funerali del viceispettore Ciro Luongo.

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