È finita nella serata di mercoledì 27 agosto a Pontecagnano Faiano, in provincia di Salerno, la latitanza del diciassettenne evaso a giugno dall’Istituto penale minorile “Fornelli” di Bari. Il ragazzo, originario di Napoli, si era reso irreperibile da oltre due mesi e le sue tracce erano state seguite con insistenza dagli investigatori della Squadra Mobile di Napoli, in costante coordinamento con la Procura per i Minorenni partenopea. Le ricerche si erano concentrate inizialmente nel capoluogo campano, ma i riscontri investigativi hanno poi portato gli agenti a stringere il cerchio attorno al Salernitano.
Il blitz nella villetta di Pontecagnano
L’epilogo si è avuto nel pomeriggio del 27 agosto, quando i poliziotti della Squadra Mobile di Napoli, con il supporto operativo dei colleghi del Servizio Centrale Operativo e della Squadra Mobile di Salerno, hanno fatto irruzione in una villetta rurale del comune salernitano. All’interno, gli agenti hanno sorpreso sia il minorenne ricercato sia un uomo di 33 anni che lo ospitava e gli garantiva supporto logistico. Quest’ultimo, identificato come Gaetano Lambiase, è stato arrestato con l’accusa di favoreggiamento personale e possesso di documenti di identificazione falsi, rinvenuti durante la perquisizione.
Il ritrovamento di un’arma con matricola abrasa
Nel corso della perquisizione gli investigatori hanno rinvenuto una pistola con matricola abrasa e relativo munizionamento, nascosta sotto il letto in uso esclusivo al latitante. L’arma è stata sequestrata e costituisce un ulteriore elemento a conferma della pericolosità sociale del minore, già coinvolto in vicende criminali di estrema gravità. Al termine delle operazioni, il diciassettenne è stato tradotto presso un istituto penale minorile.
L’omicidio di Gennaro Ramondino
Il ragazzo era stato condannato per l’omicidio di Gennaro Ramondino, ventenne del quartiere Pianura di Napoli, avvenuto il 31 agosto 2024. Secondo la ricostruzione degli inquirenti, l’esecuzione maturò in un sottoscala di via Comunale Napoli, luogo utilizzato come base di spaccio dai clan locali. In quella circostanza il minorenne esplose diversi colpi di pistola a bruciapelo contro la vittima, amico d’infanzia e compagno di giochi, provocandone la morte immediata. Successivamente il corpo venne trasportato in campagna e dato alle fiamme, mentre altri complici si occuparono di ripulire il sottoscala per eliminare ogni traccia di sangue e polvere da sparo.
Le parole del minorenne durante gli interrogatori
Agli investigatori, il ragazzo confessò: «Me lo hanno ordinato i grandi, ma Gennaro era mio amico». Una dichiarazione che mette in luce come la logica criminale dei clan abbia prevalso persino sui legami personali e affettivi. La condanna inflitta al minorenne fu di 15 anni e 4 mesi di reclusione.
Il contesto criminale e i contrasti interni
Secondo quanto accertato dalle indagini della Dda e della Procura per i Minorenni, il movente dell’omicidio sarebbe riconducibile a contrasti interni sulla gestione delle piazze di spaccio e sulla spartizione dei proventi. Nelle settimane successive al delitto, era già stato arrestato un maggiorenne con l’accusa di favoreggiamento, occultamento e distruzione del cadavere e delle auto utilizzate per il trasporto. Nel corso delle indagini, inoltre, era stata rinvenuta anche l’arma del delitto, sotterrata nelle campagne di Pianura.
La fine della latitanza e gli sviluppi futuri
Dopo l’evasione di giugno dal carcere minorile di Bari, il diciassettenne era riuscito a diventare un vero e proprio fantasma, muovendosi grazie a una fitta rete di appoggi e nascondigli. La sua latitanza, però, si è interrotta a pochi chilometri da Salerno grazie a una capillare attività investigativa durata oltre due mesi. Resta ora al vaglio degli inquirenti la verifica di eventuali ulteriori responsabilità e dei soggetti che potrebbero aver fornito supporto alla fuga del minorenne.










