L’intera galassia di servizi che ruotava attorno alla S.S. Juve Stabia S.r.l., dalla vendita dei biglietti allo stadio Romeo Menti fino alla ristorazione, sicurezza, pulizia e trasporto della squadra, è finita sotto la lente della magistratura. Il Tribunale di Napoli – Sezione Misure di Prevenzione, su proposta congiunta del Procuratore nazionale antimafia e antiterrorismo, del Procuratore della Repubblica di Napoli e del Questore di Napoli, ha disposto il provvedimento di amministrazione giudiziaria nei confronti della società calcistica con sede a Castellammare di Stabia. L’atto, datato 13 ottobre 2025, è il risultato di una lunga attività investigativa che ha accertato un sistema di condizionamento mafioso riconducibile al clan D’Alessandro, storicamente egemone nel territorio stabiese.
Un’inchiesta lunga e complessa
Il provvedimento, composto da circa trenta pagine, è frutto di una analisi patrimoniale e investigativa articolata, integrata da dichiarazioni convergenti di collaboratori di giustizia e dalle registrazioni di colloqui carcerari tra detenuti al 41 bis, appartenenti anche al clan Cesarano. Dalle indagini è emerso che numerosi servizi essenziali per le competizioni sportive erano stati affidati nel tempo a imprese e persone vicine o contigue al clan D’Alessandro. Il controllo mafioso, secondo gli inquirenti, si sarebbe esteso a ogni ambito organizzativo: sicurezza, ticketing, buvetteria, pulizie, trasporti e perfino i servizi sanitari. Tutto ciò avrebbe generato un condizionamento sistematico e strutturato sull’attività economica della società sportiva.
Figure e nomi legati ai clan
Nell’attuale organigramma societario sono stati individuati soggetti ritenuti legati o contigui alla camorra stabiese. Tra questi Roberto Amodio, direttore del settore giovanile, indicato dal collaboratore di giustizia Pasquale Rapicano come un “bandito imposto dai D’Alessandro”. Figura controversa anche quella di Alfonso Todisco, dirigente del settore giovanile, già coinvolto in una denuncia per favoreggiamento del boss Michele D’Alessandro. A completare il quadro emerge Pino Di Maio, detto Pinocchio, team manager e parente di Onorato Silverio, esponente apicale del clan Cesarano.
Le verifiche hanno mostrato che la gestione della sicurezza e dello stewarding allo stadio era fortemente condizionata dall’assenza di strumenti di controllo e verifica rigorosi. Questo ha permesso che soggetti collegati alla criminalità organizzata operassero all’interno degli eventi sportivi, con evidenti rischi per l’ordine pubblico e la legalità.
Servizi dello stadio nelle mani dei clan
L’inchiesta ha ricostruito un quadro dettagliato delle imprese che gestivano i servizi dello stadio Romeo Menti, tutte riconducibili a famiglie o prestanome dei clan. Le società Eco S.r.l.s. e Pro Eco S.r.l.s., responsabili di pulizie e manutenzione, erano amministrate da Luigi Calabrese, genero di Luigi D’Alessandro e in rapporti anche con il clan Gionta.
Il trasporto della prima squadra risultava gestito da Pasquale Esposito, altro genero di D’Alessandro, tramite la società La Mimosa di Carrarese Emma e C. S.r.l.. La biglietteria e il ticketing, da cui ha preso avvio l’inchiesta, erano affidati a Napodos di Alessandro Napodano, figlio di Antonio Napodano, detenuto e legato al clan Cesarano.
Anche la buvetteria era sotto il controllo di imprese e lavoratori riconducibili alla rete familiare del clan. Nell’azienda “Michele show di Vitelli Lucia”, tra gli impiegati figuravano Luigi Staiano, figlio di Maria D’Alessandro (sorella del capoclan), Francesco Fico (cognato di Staiano), Catello Filosa, Domenico Di Maio e Francesco Maggino. In passato la gestione era nelle mani di Giovanni Imparato, detto ‘o paglialone, uomo di fiducia di Vincenzo Ingenito, insieme ai fratelli Luigi e Ugo Ficchella di Gragnano.
Per quanto riguarda il servizio ambulanze, il controllo faceva capo direttamente alla famiglia D’Alessandro: Gigginiello e il figlio Michele (classe 1978) operavano attraverso le società “Croce Verde” di Alfonso Arpaia e “New Life” di Amendola Daniele, gestita con i fratelli Dino e Giovanni, detto ‘u brindisino.
I Daspo aggirati e i biglietti alterati
Un capitolo significativo dell’inchiesta riguarda l’accesso allo stadio di soggetti pregiudicati e colpiti da D.A.Spo., reso possibile grazie a biglietti e abbonamenti falsificati. Gli investigatori hanno accertato che alcuni ultras riuscivano a entrare nei settori riservati grazie a dati anagrafici alterati nei sistemi di biglietteria ETES.
Durante la partita Juve Stabia – Bari del 9 febbraio 2025, il personale del Commissariato di Castellammare di Stabia ha scoperto un tifoso con Daspo impegnato nel controllo dei tornelli della Curva San Marco, accanto agli steward ufficiali. Secondo le indagini, Emanuele Tremante, ex leader del tifo organizzato, aveva sottoscritto un abbonamento con data di nascita falsificata, mentre Giuseppe Di Nola e Catello Manuel Spagnuolo, figlio di un affiliato storico, avevano ottenuto abbonamenti con anagrafica modificata. Spagnuolo aveva persino usufruito della tariffa under 16, mentre i fratelli Carolei, figli del mafioso Paolo Carolei, godevano di agevolazioni under 12.
Gli inquirenti hanno individuato come figura chiave Luigi Esposito, titolare della VIP Security S.r.l., che avrebbe consentito l’accesso allo stadio di Massimo Terminiello, elemento di spicco del clan Cesarano.
La tifoseria organizzata e l’influenza dei clan
Le analisi sulle presenze allo stadio hanno rivelato una pesante infiltrazione del clan D’Alessandro nella tifoseria organizzata. Durante la stagione calcistica 2024-2025 sono stati emessi 22 divieti di accesso fuori dal contesto delle gare, riguardanti pregiudicati legati al clan, e 16 Daspo per episodi violenti durante le partite.
Secondo le indagini, il tifo organizzato stabiese era diretto o influenzato da figure come Giovanni Imparato (‘o paglialone), Luigi D’Alessandro, Giovanni D’Alessandro, Vincenzo Mosca e Ingenito. L’obiettivo era mantenere un controllo territoriale e sociale attraverso il calcio, saldando l’immagine della squadra con quella del potere criminale.
Le celebrazioni e la commistione con le istituzioni
Il rapporto tra tifoseria infiltrata, clan e società sportiva si è reso visibile anche durante le celebrazioni ufficiali organizzate dal Comune di Castellammare di Stabia il 29 maggio 2025, per la conclusione della stagione calcistica. Sul palco, accanto ai vertici della Juve Stabia e alle autorità civili, sono saliti anche rappresentanti dei tre gruppi ultras, alcuni dei quali colpiti da Daspo e con pregiudizi penali. Tra i presenti figuravano Michele Lucarelli e Raffaele Di Somma, pubblicamente omaggiati per il loro ruolo nella tifoseria.
Il rischio di un condizionamento strutturale
Le indagini hanno messo in luce che la società calcistica, pur nella sua attuale struttura proprietaria, avrebbe ereditato relazioni economiche compromesse, radicate nel tempo e sottoposte all’influenza dei clan camorristici. Senza meccanismi interni di prevenzione e controllo adeguati, la S.S. Juve Stabia S.r.l. rischia di restare vulnerabile a pressioni mafiose sistematiche, come dimostrato dalle scelte operate nel settore giovanile e dai provvedimenti disciplinari della giustizia sportiva nei confronti di alcuni dirigenti.
L’amministrazione giudiziaria, disposta dal Tribunale di Napoli, segna dunque l’avvio di una fase di controllo straordinario finalizzata a interrompere le interferenze criminali che, per anni, hanno condizionato il destino della società simbolo di Castellammare di Stabia.










