Omelia del Cardinale Marcello Semeraro Prefetto del Dicastero delle Cause dei Santi
Torno a Pompei con intima gioia, lieto per potere, insieme con tutti voi, ringraziare il Signore per il dono della recente canonizzazione del nostro Bartolo Longo, che ora possiamo a voce alta invocare come santo e venerarlo, con tutta la Chiesa, quale nostro modello e intercessore. Sono, perciò, grato al carissimo Arcivescovo Tommaso Caputo, che, ancora una volta, mi ha invitato a venire qui a Pompei e, insieme con lui, saluto gli altri fratelli Arcivescovi e Vescovi presenti, i presbiteri, i diaconi. Il saluto si estende a tutti voi, carissimi, a cominciare dalle illustri Autorità presenti e a tutti coloro che, come direbbe San Bartolo, «zelano l’onore» di questo caro Santuario.

Rendiamo grazie a Dio anzitutto perché la santità è sempre un suo dono: ci giunge con il Battesimo e possiamo paragonarlo a un seme che, gettato nel terreno nella nostra realtà umana, vuole fiorire e dare frutto con una vita buona e fedele. «Lascia che la grazia del tuo Battesimo fruttifichi in un cammino di santità», invitava Papa Francesco nell’esortazione Gaudete et exsultate (n. 15). In questa luce i santi sono i capolavori della grazia di Dio, le opere d’arte che il Padre ha formato con quelle che sant’Ireneo di Lione chiamava le sue due mani, ossia il Figlio e lo Spirito Santo. Questa verità ci apre il cuore all’esercizio delle virtù cristiane, come ha detto Leone XIV nella sua omelia di domenica scorsa dopo il rito di canonizzazione dei sette nuovi santi, fra cui il nostro San Bartolo Longo. Ha detto che i santi «con la grazia di Dio hanno tenuto accesa la lampada della fede, anzi, sono diventati loro stessi lampade capaci di diffondere la luce di Cristo».
Bastano queste parole del Papa, carissimi, a delineare già nel nostro cuore la figura di San Bartolo Longo. Egli, infatti, fu uomo dalla fede profonda; uomo, aggiungerei, di una fede sempre in cammino. Fu, il suo, un autentico «itinerario» di fede, un cammino fatto – come ogni cammino umano, del resto – di percorsi diritti e di vie tortuose, di luci e di ombre, ma quando è guidato dalla fiducia nella divina Provvidenza raggiunge la sua meta. Si potrebbe dire che la santità di Bartolo Longo è direttamente connessa alla sua vita di fede ed è il risultato di una serenità interiore maturata nell’esperienza dell’incontro con Dio, testimoniata e sostenuta da una vita di preghiera che aveva i suoi punti fermi nella santa Eucaristia, di cui si cibava quotidianamente, e nell’amore alla Vergine del Santo Rosario. Questo Santuario e tutte le sue Opere ne danno testimonianza.
Nella sua omelia il Papa ha aggiunto che tutto questo è un invito all’azione e sostiene il nostro impegno per la giustizia «proprio perché crediamo che Dio salva il mondo per amore, liberandoci dal fatalismo». Anche questo possiamo verificarlo in San Bartolo Longo. Non leggiamo, forse, nella lettera di San Giacomo, che la fede è morta se non è seguita dalle opere? (cf. 2,17). Santa Teresa d’Avila spiegava che «il segno più sicuro per conoscere se pratichiamo l’amore di Dio è vedere come noi amiamo il prossimo. Benché vi siano molti indizi per conoscere se amiamo Dio, non possiamo, tuttavia, esserne mai sicuri; possiamo, invece, esserlo quando amiamo il prossimo» (cf. Mansioni V, 3, 8).
A questo punto sarebbe davvero lungo elencare le opere di carità fatte sorgere da San Bartolo Longo insieme alla Consorte Marianna Farnararo De Fusco: penso all’Orfanotrofio femminile avviato nel 1887, all’Ospizio per i figli dei carcerati sorto nel 1892, all’Istituto per le figlie dei carcerati nato nel 1922. Nel 1897 fondò sempre con Consorte le Suore Domenicane Figlie del Santo Rosario di Pompei, quali «perpetue lodatrici della Vergine di Pompei», attente alle opere di carità e in particolare alle orfanelle, agli asili pompeiani, alle fanciulle del popolo e soprattutto alle ragazze inferme. Tutto questo conosce oggi una nuova vita – e dobbiamo dire che questa nuova vita è anche merito dell’Arcivescovo Prelato – e anche un adeguamento alle nuove emergenze. Penso, allora, all’Istituto Bartolo Longo, che, continuando la missione per i figli dei carcerati, ora accoglie e forma bambini e ragazzi provenienti da situazioni familiari difficili, con la guida dei Fratelli delle Scuole Cristiane; al Centro educativo “Beata Vergine del Rosario”, condotto dalla Suore Domenicane di Pompei, ove, tra le altre opere, la Casa Emmanuel ospita minori e madri in difficoltà; al Centro per il Bambino e la Famiglia “Giovanni Paolo II” con cinque Case Famiglia affidate a diverse realtà ecclesiali; alla Mensa per i poveri “Papa Francesco”, gestita dal Sovrano Militare Ordine di Malta … Mi fermo, anche perché in proposito delle pagine belle le ha scritte di recente Angelo Scelzo nel suo libro: Bartolo Longo. La santità che si fa storia. Qui egli parla dei «santi del sociale» vissuti in questo nostro Sud e, facendo eco a un noto storico, legge l’opera di Bartolo Longo nella linea della genialità. Certo siamo abituati a parlare di santi sociali nella Torino dell’Ottocento, ma noi dobbiamo far riferimento anche al nostro Sud. Bartolo Longo è stato un genio nella santità del sociale.
Adesso, però, è doveroso un riferimento a quanto abbiamo ascoltato nella Liturgia della Parola. Mi soffermo su queste parole proclamate nella prima lettura: «Il Signore non trascura la supplica dell’orfano, né la vedova, quando si sfoga nel lamento. Chi la soccorre è accolto con benevolenza, la sua preghiera arriva fino alle nubi. La preghiera del povero attraversa le nubi» (Sir 35,17.20.21). Dio ci capisce anche quando ci rivolgiamo a lui nei momenti della disperazione. Dio ci capisce! Sentendo queste parole il mio ricordo si allarga a un’anonima preghiera attribuita a un autore fiammingo del XIV secolo e successivamente diffusa da Raoul Follereau, l’apostolo dei lebbrosi. Dice così: «Cristo non ha mani, ha soltanto le nostre mani per fare oggi il suo lavoro … Cristo non ha mezzi, ha soltanto il nostro aiuto per condurre gli uomini a sé oggi. Noi siamo l’unica Bibbia che i popoli leggono ancora, siamo l’ultimo messaggio di Dio scritto in opere e parole». Quanto sono attuali queste parole! Quanti leggono la Bibbia? La Bibbia è la nostra vita di cristiani, il messaggio di Dio scritto in Parole e opere. Ecco: San Bartolo Longo è stato questa Bibbia, occhio e mano di Dio; la sua esistenza terrena e le opere da lui avviate sono una guida verso Dio nel nostro oggi, anche se sono passati molti decenni da quando è vissuto.
Per tutto questo noi oggi ringraziamo il Signore. Ciascuno ha nel cuore tante cose belle per sentire di doverlo fare e ne ho anch’io: la Provvidenza, infatti, volle che il mio vescovo mi chiedesse di raggiungerlo qui a Pompei per il 10 luglio 1998. Dopo la celebrazione della Santa Messa sotto l’immagine della Vergine del Santo Rosario, mi chiese di scendere con lui per pregare nella cripta davanti alle spoglie di Bartolo Longo. Allora il suo corpo era nella cripta (vi è stato custodito fino al 2000, ndr). Lì mi disse che il Papa, San Giovanni Paolo II, mi aveva scelto come vescovo di Oria, la Chiesa dov’è Latiano, il paese dove nacque il nostro Santo. So che anche lì stanno facendo festa in questa domenica. Ma ognuno di noi ha qualcosa di bello nel cuore.
Ringraziamo, dunque, il Signore ma non possiamo non unire nel nostro grazie il defunto papa Francesco, che decise a suo tempo la canonizzazione. Quando gli ricordai le chiese dedicate alla Madonna di Pompei in Argentina, mi disse: “È santo!”. Ringraziamo Papa Leone XIV, che ha proclamato santo Bartolo Longo. Eletto alla cattedra di Pietro l’8 maggio scorso, concludendo il suo primo saluto alla Chiesa e al mondo disse: «Oggi è il giorno della Supplica alla Madonna di Pompei. Nostra Madre Maria vuole sempre camminare con noi, stare vicino, aiutarci con la sua intercessione e il suo amore». Preghiamo, allora, con le parole della Supplica: «Benedici, o Maria, in questo momento il Sommo Pontefice».
Da oltre 140 anni (14 ottobre 1883) questa Supplica, che anche oggi eleveremo insieme, risuona a Pompei e nel mondo. Nell’attuale contesto mondiale ricordo le parole che essa ci fa rivolgere alla Madonna: Mostrati a tutti quale sei, Regina di pace e di perdono! «Pace e Perdono»: è un binomio tutto e solo cristiano ed è l’unica strada che possiamo e dobbiamo percorrere. Lo ha richiamato domenica scorsa Leone XIV ancora nell’omelia, quando ha detto: «Chi non accoglie la pace come un dono, non saprà donare la pace». Quante volte, poi, Papa Francesco ha ripetuto che senza perdono non c’è speranza né pace! Preghiamo, dunque: Vergine del Santo Rosario di Pompei, stella luminosa del mattino che annuncia il sole di giustizia, Cristo Signore, fa’ che in noi s’irradi la sua “luce gentile” sicché il perdono sbocci nei nostri cuori e la pace avvolga il mondo come un manto di speranza. Amen.









