L’imprenditrice Maria Rosaria Boccia, originaria di Pompei e già nota alle cronache per il caso Sangiuliano, ha annunciato ufficialmente il ritiro dalla competizione elettorale per le Regionali campane, dove era candidata al Consiglio Regionale della Campania nella lista “Dimensione Bandecchi”. L’annuncio è arrivato attraverso una lettera indirizzata a Stefano Bandecchi, leader del movimento e sindaco di Terni, che l’aveva fortemente voluta nella squadra campana. «Caro Presidente, nella serata di ieri ho ricevuto il mio secondo avviso di garanzia in poco più di un anno. È stata una notizia che mi ha profondamente ferita. Sono giunta alla conclusione che non avrei la forza di affrontare nuovamente un simile calvario. Per questo motivo ho deciso di ritirare la mia candidatura al Consiglio Regionale della Campania», scrive Boccia.

La riflessione e la decisione dolorosa

Nella sua missiva, Maria Rosaria Boccia spiega di aver maturato la scelta dopo «una lunga riflessione, in silenzio», cercando la forza per prendere «una decisione che non nascesse né dall’impulso né dall’amarezza, ma dalla lucidità e dal senso di responsabilità». L’imprenditrice descrive l’ultimo anno come «un cammino doloroso e faticoso», segnato da tensione, ostilità e un senso di ingiustizia. Racconta di essere stata «travolta da un’ondata di odio mediatico e politico che ha deformato la mia immagine e minato la mia serenità», pagando «un prezzo altissimo in termini di salute fisica e mentale», tra notti insonni, stress costante e una condizione di prostrazione fisica che le ha causato «un’invalidità fisica e persino un’alopecia severa».

«Faccio questo passo non solo per me, ma soprattutto per lei, per la nostra squadra, per tutti i candidati che stanno lavorando con dedizione e passione a questo progetto politico. Non desidero che le vicende personali che mi hanno travolta, e che nulla hanno a che vedere con la politica o con la mia onestà, possano in alcun modo offuscare il lavoro straordinario che stiamo portando avanti», aggiunge Boccia.

Le accuse al sistema e alla stampa

Nella parte più intensa della lettera, Maria Rosaria Boccia si sofferma sul rapporto tra potere, stampa e giustizia, affermando di aver sperimentato «quanto il potere possa essere spietato, soprattutto quando sostenuto da una stampa compiacente capace di stravolgere la realtà, costruendo narrazioni artificiose e crudeli». Racconta episodi di violazione della privacy e umiliazione personale, ricordando «quella mattina di settembre, quando le forze dell’ordine hanno bussato alla mia porta all’alba», un momento che definisce ancora oggi «doloroso e indelebile».

«Cammino per strada e sento negli sguardi delle persone la confusione e il giudizio di chi non conosce la verità. Abbiamo di fronte un sistema che difende i potenti e abbandona chi osa sfidarlo. Un sistema che tutela certe figure pubbliche, garantendo loro corsie preferenziali, mentre lascia nell’oblio le richieste legittime di chi non appartiene alle vite di serie A. Io ho scelto di non piegarmi, di non tacere, di DISOBBEDIRE al silenzio imposto da un potere che pretende obbedienza», scrive con toni duri.

Un passo indietro come gesto di rispetto

Nel finale della lettera, l’imprenditrice pompeiana ringrazia Bandecchi per la stima e la difesa ricevute, ribadendo di sentirsi parte di una comunità politica e umana fondata su libertà, verità e giustizia. «La ringrazio di cuore per avermi difeso con fermezza, per l’affetto e la stima che mi ha sempre dimostrato. So di appartenere a una comunità che crede nella libertà, nella verità e nella giustizia. Ed è proprio per rispetto di questi valori che ritengo doveroso fare un passo indietro», scrive Boccia.

Sottolinea inoltre di non voler trascinare il partito «nel fango del gossip o delle polemiche personali» e di sentire il bisogno di ritrovare serenità ed equilibrio interiore, per poter «difendere la mia onorabilità con le mani libere, in tutte le sedi competenti».

«Ho il dovere verso me stessa di dimostrare la mia assoluta correttezza e la veridicità di quanto ho sempre sostenuto. Questa scelta non è una resa. È un atto di rispetto. Verso di lei, verso il partito, verso la verità. La politica, quando è autentica, è un atto d’amore e di coraggio. E io, anche da fuori, continuerò a credere nel nostro progetto, perché rappresenta la possibilità concreta di cambiare un sistema che, troppo spesso, punisce chi osa essere libero», conclude la lettera, firmata con «stima profonda e sincero affetto».

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