La sentenza emessa oggi dal Giudice Monocratico del Tribunale di Torre Annunziata segna la parola fine su uno dei casi più lunghi e complessi di abuso edilizio dei Monti Lattari. Su richiesta conforme della Procura della Repubblica, sei imputati sono stati riconosciuti colpevoli del reato di lottizzazione abusiva mista, commesso nella frazione Orsano di Lettere, nell’area dov’è sorto il complesso ricettivo Resort Paradiso, già sequestrato nel 2019. Per ciascuno è stata disposta la pena di un anno di arresto e 25.000 euro di ammenda, insieme alla confisca dell’intera struttura, che viene così acquisita definitivamente al patrimonio del Comune di Lettere. La decisione arriva al termine di un procedimento pendente in dibattimento dal gennaio 2020 e ricostruisce una vicenda durata circa mezzo secolo, segnata da interventi edilizi realizzati in zona vincolata, in violazione di tutte le prescrizioni edilizio-urbanistiche, paesaggistiche e ambientali vigenti.
Una lottizzazione abusiva protratta per cinquant’anni
Secondo quanto ricostruito in aula, il complesso di irregolarità contestato agli imputati prende avvio nel 1964 e si protrae fino al 2015. La Procura ha documentato una lottizzazione abusiva mista, condotta sia in totale assenza dei necessari titoli edilizi sia tramite permessi ritenuti illegittimi, utilizzati come copertura per interventi incompatibili con la natura agricola e vincolata delle aree interessate. L’operazione immobiliare ha inciso su zone tutelate e classificate a elevato rischio idrogeologico dall’Autorità di Bacino, determinando un notevole incremento del carico urbanistico e un rilevante impatto sul territorio circostante.
L’espansione a monte di via Petrelle
Il primo segmento della lottizzazione riguarda l’area a monte di via Petrelle, dove tra il 1964 e il 2015 è stata edificata la parte principale del complesso oggi noto come Resort Paradiso. Le opere hanno interessato più livelli e sono state realizzate con una modalità definita “aerea”, comportando un’invasione della proprietà pubblica, compresa la scalinata e parte della sede stradale. Questa espansione ha rappresentato uno degli elementi più evidenti della trasformazione urbanistica irregolare.
Lo stravolgimento morfologico della valle
Un secondo fronte di interventi ha riguardato l’area a valle della stessa via Petrelle, dove tra il 1987 e il 2014 si è verificata una trasformazione definita imponente e irreversibile. Le opere hanno totalmente alterato l’originario andamento morfologico del sito e ne hanno compromesso le caratteristiche geo-pedologiche. Sono stati eseguiti scavi estesi, realizzate vaste aree pavimentate e costruiti quattro terrazzamenti artificiali sostenuti da muri in cemento armato, pali e fondazioni. Su tali strutture sono state ricavate volumetrie abusive adibite a parcheggio interrato, cucine, locali accessori e altri spazi di servizio connessi al corpo principale situato più a monte.
L’autorimessa di via San Martino
Il terzo intervento preso in esame riguarda l’area di via San Martino, dove dal 2009 era in corso la costruzione di un’autorimessa a due piani, formalmente autorizzata come serie di box auto pertinenziali. La sentenza accerta che l’opera era in realtà destinata a diventare un grande parcheggio per i veicoli degli avventori del complesso ricettivo, rientrando così nel disegno globale della lottizzazione abusiva.
La lottizzazione negoziale delle aree agricole
Accanto agli interventi di carattere materiale, è stata accertata una lottizzazione negoziale che ha interessato le due aree a prevalente vocazione agricola. Nella porzione a valle di via Petrelle tale attività mirava all’ampliamento del complesso mediante nuove opere, giardini pertinenziali, tettoie, ulteriori volumetrie e un secondo parcheggio pertinenziale. In via San Martino, la finalità restava la stessa: creare un’infrastruttura a servizio dell’intero sistema ricettivo, mascherata dietro la fittizia destinazione a box pertinenziali.
Un territorio compromesso e un patrimonio che torna pubblico
La Procura e il Tribunale hanno evidenziato che l’insieme degli interventi ha inciso gravemente sull’ordinato sviluppo del territorio, alterando l’equilibrio delle infrastrutture, aumentando il flusso di mezzi e persone e provocando uno stravolgimento ambientale irreversibile, definito un vero e proprio vulnus alle condizioni di vita della popolazione residente. La sentenza odierna, che accoglie integralmente le valutazioni dell’accusa, dispone la confisca definitiva del complesso turistico-ricettivo, che diventa così proprietà della collettività e segna la conclusione di una vicenda durata cinquant’anni.










