La Corte di Assise di Appello di Napoli ha confermato la condanna all’ergastolo per Francesco Pio Valda, ritenuto responsabile dell’omicidio di Francesco Pio Maimone, ucciso da un colpo di pistola al termine di una lite nata, secondo quanto ricostruito dagli inquirenti, per un paio di scarpe sporcato. Una vicenda assurda, che ha nuovamente riportato in aula il dolore della famiglia Maimone e la complessità delle posizioni degli altri imputati coinvolti nelle fasi successive al delitto.
La conferma dell’ergastolo a Valda
La Corte ha ribadito integralmente la condanna emessa in primo grado nei confronti di Francesco Pio Valda, individuato come autore degli spari che la notte dell’omicidio colpirono mortalmente il giovane Francesco Pio Maimone. La ricostruzione dei giudici d’appello conferma che la lite, esplosa per un motivo di banale quotidianità – un paio di scarpe sporcato – degenerò rapidamente fino a sfociare nel tragico colpo di pistola che tolse la vita al ragazzo.
Presenti in aula i genitori della vittima, Antonio e Tina Maimone, che hanno accolto tra le lacrime la lettura del dispositivo della sentenza.
Le altre condanne confermate
La Corte di Assise di Appello ha confermato anche le condanne già inflitte in primo grado agli altri imputati: Pasquale Saiz, Giuseppina Niglio e Alessandra Clemente.
In primo grado:
- Alessandra Clemente, cugina di Valda, era stata condannata a due anni e sei mesi.
- Giuseppina Niglio, nonna dell’imputato principale, a quattro anni e sei mesi.
- Pasquale Saiz, a quattro anni.
La Corte ha ritenuto corrette tali valutazioni e ha confermato la responsabilità attribuita a ciascuno per i rispettivi ruoli nella vicenda.
La posizione di Salvatore Mancini e la rideterminazione della pena
Diversa la decisione riguardante Salvatore Mancini: la Corte ha escluso per lui l’aggravante mafiosa, rideterminando la pena a due anni e sei mesi.
In primo grado Mancini era stato condannato a quattro anni, la stessa pena inflitta a Saiz. La rimodulazione in appello tiene conto dell’assenza dell’aggravante ritenuta invece persistente nel giudizio di primo grado.
La lettera di Valda letta in aula
Nel corso dell’udienza è stata letta una nuova lettera scritta da Francesco Pio Valda, rivolta questa volta ai giovani. Nelle sue parole, l’imputato ha dichiarato di aver compreso la gravità delle proprie azioni. Il passaggio letto in aula recita in corsivo:
«Non vado fiero di quello che ho fatto, non ho chiesto scusa perché non avevo il coraggio, non sono un fenomeno, la vita non va sprecata. Credete in me, ora che ho preso coscienza di quello che ho determinato, non sono un fenomeno.»
Le frasi, ascoltate in silenzio dai presenti, hanno aggiunto un ulteriore elemento emotivo alla giornata, segnata soprattutto dalla conferma delle responsabilità giudiziarie.
Il dolore della famiglia Maimone e il loro appello ai giovani
Nelle ore precedenti alla sentenza, i genitori della vittima, Antonio e Tina Maimone, avevano ribadito la loro richiesta di giustizia e la volontà che la vicenda possa rappresentare un monito per le nuove generazioni.
Il loro appello è rivolto a quei ragazzi che vivono in contesti difficili della città, affinché comprendano che, nonostante le condizioni dei quartieri degradati, esiste un’alternativa concreta alla malavita e che la violenza non può diventare un linguaggio accettabile.
Un caso che lascia un segno profondo
La conferma delle condanne in appello chiude un nuovo capitolo giudiziario di una vicenda che ha scosso la città e che resta segnata da un dolore incolmabile: la morte di un giovane per un motivo banale e il percorso processuale che ne è seguito. Le decisioni della Corte ribadiscono il quadro di responsabilità definito in primo grado e accompagnano, ancora una volta, l’appello della famiglia Maimone affinché tragedie di questo tipo non si ripetano.










