Luca, 15 anni, morto dopo il sushi, la mamma: “Ci hanno dato il colpo di grazia”

Dopo quattro anni dal dramma di Luca Piscopo, morto a 15 anni per una presunta intossicazione da sushi al Vomero, il giudice condanna il titolare del ristorante e assolve il medico curante, suscitando rabbia e dolore nella famiglia. La sentenza fissa una pena di due anni e sei mesi, con provvisionale di 45mila euro per le parti civili, ma lascia insoddisfatti genitori e amici

Il 2 dicembre 2021, Luca Piscopo, ragazzo di 15 anni, è morto dopo nove giorni di febbre, vomito e diarrea, a seguito di una presunta intossicazione alimentare contratta insieme a tre amiche nel ristorante giapponese “Sumo”, locale all you can eat del Vomero, successivamente chiuso dalle autorità sanitarie. La Procura di Napoli aveva collegato il decesso a una miocardite, complicanza della salmonellosi contratta dal quindicenne, sostenendo che un tempestivo intervento medico avrebbe potuto salvarlo.

Il decorso drammatico di Luca

Nei giorni successivi al pasto, Luca aveva mostrato segni di peggioramento rapido, con forte vomito, diarrea e febbre persistente. Secondo le ricostruzioni dell’accusa, nonostante i genitori avessero cercato supporto medico, il ragazzo non ricevette cure adeguate, e la sua condizione degenerò fino alla miocardite fatale.

La madre, Maria Rosaria Borrelli, ha ricordato quei giorni: «In dieci giorni ha perso più di dieci chili. Nessuno a cominciare dal medico curante ci ha mai contattati per chiedere come stava. È stato terribile vedere nostro figlio spegnersi giorno dopo giorno senza un aiuto concreto».

Gli amici di Luca hanno confermato il peggioramento rapido del ragazzo, mentre le tre amiche presenti al momento del pasto hanno deposto in aula raccontando di forti dolori addominali e nausea intensa subito dopo aver mangiato il sushi. Una di loro ha dichiarato: «Luca stava molto male già dopo la prima ora. Vomitava continuamente e non riusciva a mangiare. Ci siamo spaventate, abbiamo chiesto aiuto, ma nessuno ci ha dato indicazioni precise».

Condanna del titolare del ristorante e chiusura del locale

Il giudice monocratico Giuliana Taglialatela ha inflitto due anni e sei mesi di reclusione a Jiangtao Xie, titolare del locale, difeso dall’avvocato Arturo Cola, a fronte della richiesta iniziale di tre anni avanzata dal pm Federica Amodio.

A Xie sono stati contestati anche gravi violazioni igienico-sanitarie e la cattiva conservazione degli alimenti. Le verifiche successive alla tragedia hanno rilevato mancanza di procedure corrette per la manipolazione del pesce crudo, temperature di conservazione fuori norma e rischi elevati di proliferazione batterica. Sulla base di queste constatazioni, l’ASL dispose la chiusura definitiva del ristorante “Sumo”, prevenendo ulteriori rischi per la salute pubblica.

La sentenza prevede inoltre il pagamento di 45mila euro di provvisionale a ciascuna delle parti civili, rappresentate dagli avvocati Marianna Borrelli, Rossella Esposito e Amedeo Bolla.

L’assoluzione del medico curante

Il dottor Gaetano Di Palma, medico di base del quindicenne, difeso dall’avvocato Vittoria Pellegrino, è stato assolto con formula “perché il fatto non sussiste”, malgrado il pm avesse chiesto un anno e otto mesi di reclusione.

La decisione ha suscitato forte indignazione nei genitori. La madre ha dichiarato: «Dopo quattro anni è stato uno choc. Ho sentito menzogne, le prime sono quelle del medico. Non è venuta fuori la verità, ma solo una verità processuale, artefatta e menzognera».

Secondo i genitori, il medico non ha monitorato adeguatamente Luca nei giorni critici, lasciando che la malattia peggiorasse senza interventi tempestivi. «Il ristoratore è stato condannato, ma il medico assolto. Questo ci fa sentire impotenti: nostro figlio meritava di più», ha aggiunto il padre, Antonio Piscopo.

Perizia medica: miocardite e salmonellosi

Durante il processo, la perizia medica ha confermato che Luca aveva contratto salmonella, probabilmente dal sushi consumato al ristorante, che aveva portato a disfunzioni cardiache acute culminate in miocardite. L’esperto ha evidenziato che un intervento tempestivo e terapie adeguate avrebbero potuto ridurre significativamente il rischio di morte, sottolineando la delicatezza della condizione pediatrica in caso di infezioni gastrointestinali gravi.

La relazione medica ha inoltre ricostruito il percorso clinico del ragazzo, documentando ricoveri urgenti, sintomi persistenti e peggioramento clinico rapido, rafforzando l’ipotesi che la tempestività dell’intervento medico avrebbe potuto salvare Luca.

Le reazioni di amici e comunità

La sentenza ha suscitato profondo sconforto tra gli amici di Luca e nella comunità del Vomero e di Soccavo. Imma Varriale, amica del ragazzo, ha dichiarato: «La vita di Luca non può valere due miseri anni e sei mesi. Il medico non ha fatto il suo lavoro, è un dolore enorme vedere questo risultato. Quello che è successo non doveva accadere».

Molti compagni di scuola e residenti hanno seguito il processo con attenzione, manifestando solidarietà alla famiglia. L’episodio ha riacceso il dibattito sulla sicurezza alimentare, sulla responsabilità dei ristoratori e sull’importanza della vigilanza medica.

Il percorso giudiziario e ulteriori azioni legali

Il processo di primo grado ha quindi sancito una condanna parziale, con la pena più alta indirizzata al titolare del ristorante e l’assoluzione del medico. La Procura aveva evidenziato che il decesso di Luca sarebbe stato evitabile con un intervento tempestivo e con il rispetto delle norme igieniche.

Le parti civili hanno già espresso l’intenzione di valutare ulteriori azioni legali. La famiglia continuerà a chiedere giustizia per Luca, sottolineando l’importanza di garantire responsabilità e controlli più severi nei confronti dei locali e dei professionisti della salute.

Il caso resta un monito doloroso per la città e un richiamo alla prevenzione, alla cura attenta dei giovani pazienti e alla vigilanza sulle condizioni igienico-sanitarie dei locali pubblici, per evitare che tragedie simili possano ripetersi.

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