La concessione dell’Albergo Libera Gioventù cade sotto il peso di abusi edilizi e violazioni dei patti, trasformando Villa Cesarano da simbolo di riscatto a emblema di fallimento. La vicenda ruota attorno al bene confiscato di Traversa Andolfi 31, un tempo rifugio del boss Cesarano e luogo dell’arresto del boss Ferdinando dell’omonimo clan, successivamente affidato dall’amministrazione guidata da Vincenzo Ascione con l’impegno dell’allora assessore, oggi consigliera comunale, Emanuela Cirillo, alla cooperativa assegnataria.
Nelle intenzioni politiche e istituzionali, quella villa sottratta alla criminalità avrebbe dovuto rappresentare un presidio di legalità, accogliere giovani, diventare punto di incontro, cultura e memoria, e contribuire alla rigenerazione sociale di un territorio segnato da anni di ferite profonde.
Ma ciò che era stato immaginato come un percorso di rinascita si è trasformato in un caso emblematico di gestione difforme e violazione delle regole. Le verifiche comunali hanno accertato interventi edilizi abusivi, ampliamenti non autorizzati, opere realizzate senza titolo e un uso della struttura incompatibile con quanto stabilito dall’atto di concessione.
L’Albergo Libera Gioventù, invece di ospitare flussi giovanili e iniziative sociali, è risultato impiegato come ricettività ordinaria, presente sui principali portali di prenotazioni online, privo della finalità collettiva e culturale prevista dalla convenzione. Una gestione in contrasto con il progetto originario e con le norme del regolamento comunale.
Il sopralluogo del 22 maggio 2025 ha documentato opere catalogate come nuova costruzione, realizzate in area agricola in violazione del Piano Regolatore e del Piano Territoriale Paesistico, aggravando ulteriormente la posizione del concessionario.
Parallelamente, la Procura ha trasmesso informazioni sulla tipologia di utenza frequentante la struttura, confermando un impiego lontano dagli scopi dichiarati e smascherando la totale assenza della componente sociale prevista dal progetto.
Nonostante le diffide e le contestazioni formali, il concessionario non ha prodotto alcuna documentazione attestante l’esistenza di titoli autorizzativi, né ha realmente affrontato le violazioni sull’uso improprio dell’immobile, limitandosi ad annunciare un ripristino mai realizzato.
Di fronte a una situazione compromessa, il Comune ha dichiarato la decadenza della concessione, ordinando la cessazione immediata delle attività e fissando sessanta giorni per lo sgombero, con la possibilità di un’ordinanza di liberazione in caso di occupazione persistente. Il provvedimento sottolinea come la realizzazione di abusi su un bene confiscato, affidato per essere restituito alla comunità, rappresenti un danno rilevante sia per il patrimonio pubblico sia per il valore simbolico del luogo.
Villa Cesarano, nata come promessa di riscatto, oggi impone una riflessione sulla responsabilità di tutelare e valorizzare i beni strappati alla criminalità organizzata, affinché non diventino lo specchio delle distorsioni che erano destinati a superare.










