La Campania arranca nella transizione ecologica del trasporto su ferro: treni vecchi, pochi investimenti e linee al collasso

La Campania procede a passo di tartaruga sulla strada della transizione ecologica del trasporto ferroviario. È quanto emerge dal report Pendolaria 2025 di Legambiente, presentato ad Avellino, che fotografa una regione alle prese con treni vecchi, servizi inadeguati e investimenti ben al di sotto della media nazionale.

In Campania sono 266 i treni in circolazione, con un’età media di 19 anni, nettamente superiore alla media italiana di 14,7 anni. Un dato ancora più allarmante riguarda la vetustà del parco rotabile: il 75,2% dei convogli ha più di 15 anni. Numeri che raccontano le difficoltà quotidiane di centinaia di migliaia di pendolari, alle prese con ritardi, soppressioni di corse e problemi di accessibilità.

Nel 2024 i viaggiatori giornalieri sui treni regionali sono tornati a crescere, registrando un +4,3% rispetto al 2023: 255.535 passeggeri al giorno, contro i 244.958 dell’anno precedente. Un incremento che, tuttavia, non consente ancora di recuperare i livelli pre-pandemici: nel 2019 i viaggiatori erano 261.193, mentre nel 2009 – prima dei pesanti tagli al servizio – si attestavano a quota 422.000.

A pesare è soprattutto la scarsità di risorse. Nel suo ultimo bilancio, la Regione Campania ha destinato solo lo 0,36% dei finanziamenti al servizio ferroviario e al materiale rotabile, a fronte di una media nazionale dello 0,59%, già in calo rispetto al 2023. «Non basta realizzare nuove infrastrutture se poi non si finanzia adeguatamente il servizio sulle linee esistenti», sottolinea Francesca Ferro, direttrice di Legambiente Campania. «Servono corse frequenti, orari ampi, stazioni moderne e presenziate, abbonamenti integrati e tariffe flessibili».

Il quadro nazionale non è più rassicurante. Il trasporto su ferro continua a essere marginale nelle politiche pubbliche e destano preoccupazione le recenti scelte del Governo, come il taglio di 15 milioni di euro previsto nella legge di Bilancio 2026 per il collegamento Afragola–Napoli e per l’estensione del trasporto rapido di massa verso la metropolitana partenopea.

Sul fronte delle infrastrutture peggiori, il report conferma una “non notizia” ormai cronica: tra le linee più critiche d’Italia figurano ancora le ex Circumvesuviane e la Salerno–Avellino–Benevento. La Circumvesuviana, in particolare, è diventata negli ultimi dieci anni il simbolo del degrado del trasporto pubblico regionale: stazioni abbandonate, treni fatiscenti, corse soppresse e oltre 13 milioni di passeggeri persi. «Non è più solo una questione tecnica, ma politica e sociale», denuncia Ferro. «Un servizio inefficiente spinge i cittadini a tornare all’auto privata, vanificando qualsiasi obiettivo di sostenibilità».

Emblematica anche la situazione di Avellino, uno dei pochi capoluoghi del Sud ancora privo di un collegamento ferroviario ordinario per i passeggeri. La stazione, ricostruita dopo il terremoto del 1980, è oggi una “stazione fantasma”: binari deserti, monitor accesi e orologi fermi. I lavori di elettrificazione e ammodernamento della linea Salerno–Avellino–Benevento, finanziati con 174 milioni di euro, avrebbero dovuto concludersi nel 2021, ma sono stati rinviati più volte: l’ultima scadenza parla di giugno 2027.

«Avellino è una delle capitali “fermate” d’Italia», afferma Antonio Di Gisi, del direttivo di Legambiente Campania. «Qui il diritto alla mobilità coincide con il diritto allo studio e alla salute, considerando la presenza dei campus universitari di Fisciano e Baronissi e dell’ospedale di Solofra lungo la linea. L’isolamento infrastrutturale accelera lo spopolamento delle aree interne».

A complicare il quadro interviene anche la crisi climatica. Dal 2010 al 2025 Legambiente ha censito 229 eventi meteo estremi che hanno causato interruzioni del servizio ferroviario; Napoli è tra le città più colpite. Secondo il Ministero, entro il 2050 i danni a infrastrutture e mobilità potrebbero raggiungere 5 miliardi di euro l’anno.

Numeri e dati che confermano una realtà difficile: senza investimenti strutturali e una strategia chiara sul trasporto pubblico su ferro, la Campania rischia di restare indietro, frenando non solo la mobilità dei cittadini, ma anche la transizione ecologica e lo sviluppo dei territori.

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