C’è un momento preciso in cui una città smette di essere un insieme di strade e palazzi per farsi carne, voce e destino. Quel momento si è materializzato lo scorso venerdì 12 dicembre, alle ore 20:00, nella suggestiva cornice della Basilica di San Gennaro ad Antignano. Nell’ambito della prestigiosa rassegna “Altri Natali 2025”, promossa dal Comune di Napoli, il sipario (ideale e sacro insieme) si è alzato su “TERRA D’AMORE”, una produzione firmata dal Teatro Il Pozzo e il Pendolo che ha letteralmente stregato la platea.

Lo spettacolo non è stato un semplice concerto, ma un’opera totale capace di tessere insieme i fili dorati della migliore letteratura partenopea. Il testo, curato con sapienza, ha attinto alle pagine di giganti come Erri de Luca, Maurizio de Giovanni, Annamaria Ortese e Matilde Serao. Sotto la guida registica di Annamaria Russo, queste voci letterarie si sono fuse in un unico racconto dedicato a una Napoli che “nasce sotto il segno della passione”, eretta sul sepolcro di una sirena ferita nell’orgoglio.

Il cuore pulsante della serata è stato il talento di cinque straordinarie interpreti, che hanno agito come “cinque punti cardinali di una stessa mappa”. La scena è stata dominata da Rosaria De Cicco e Marianita Carfora: presenze magnetiche che hanno dato corpo e anima alle parole; Elisabetta D’Acunzo: una voce capace di farsi carezza e lama; Gabriella Grossi: i cui ricami al sax hanno aggiunto una modernità struggente ai suoni antichi; Mariella Pandolfi: magistrale al pianoforte, colonna vertebrale delle emozioni della serata; Marianita Carfora: eccezionale nel doppio ruolo di voce e tammorra, richiamando il battito lontano e ancestrale dei tamburi.

Il tema centrale, sviscerato con una sensibilità rara, è stato l’essenza “femmina” di Napoli. Una città raccontata senza maschere: madre e amante, regina e popolana, sirena e bagascia. Attraverso duemilacinquecento anni di storia, lo spettacolo ha accompagnato il pubblico in un percorso dove il sacro e il profano, la luce e l’ombra, si toccano costantemente.

Dall’acciottolato dei vicoli alle terrazze, il concerto ha restituito l’immagine di una terra che è un “abbraccio”, una “promessa” e un “volto innamorato”. Non una semplice cartolina turistica, ma, come è stato giustamente sottolineato, una “ferita luminosa”.

“Terra d’Amore” è riuscito in un’impresa difficile: spostare l’aria, cambiare l’andatura di chi ascolta. È stato un invito non solo a guardare Napoli, ma ad ascoltarla davvero: nel respiro dei vicoli e nel richiamo del mare. In un’atmosfera di rara partecipazione, il pubblico ha compreso che Napoli non si visita, ma “si attraversa e ti attraversa”.

Resta il ricordo di una serata in cui l’impossibile è diventato soglia e la musica è diventata destino.

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