Le ferite sono ancora aperte, sanguinanti, troppo ben visibili. Eppure sono passati 30 anni. Non si direbbe, ma a Gragnano la ricostruzione post-terremoto sembra non essere mai avvenuta. Dal centro alla periferia, sono 28 gli stabili danneggiati o distrutti dal sisma del 23 novembre 1980, ma mai sono stati ricostruiti. Scomparsa dei fondi, morte dei proprietari, fuga degli stessi, litigi tra gli eredi. Possono essere tanti i motivi che, tuttora, lasciano quei vuoti degradanti, spesso nel centro cittadino. Via Roma, via Pasquale Nastro, piazza Aubry, piazza Trivione, via Santa Caterina: sarebbero il “biglietto da visita” per i turisti, quel centro storico che dovrebbe attirare visitatori in cerca di pasta e panuozzi, e trattenerli magari più a lungo, per una passeggiata nella “via De’ Maccaroni”. Invece, dal 1980 ad oggi nessuno si è mai interessato più di tanto alla ricostruzione. Certo, è vero, tanto è stato fatto nell’immediato post-terremoto, negli anni ’80, con Franco Zagaroli sindaco. E poi? «Nel 1992 è stato reso più difficile l’approvvigionamento dei fondi – spiega Giuseppe Abagnale, avvocato e consigliere comunale in carica – perché troppe infiltrazioni, spesso finti danni, hanno permesso a molti “irregolari” di ristrutturare le proprie case senza averne diritto, mentre chi doveva e avrebbe potuto, è stato tagliato fuori». A Gragnano, infatti, sono 28 le costruzioni da ristrutturare, 10 delle quali in Comune posseggono già un progetto istruito nel corso degli anni. Tra queste, 2 hanno già ricevuto un titolo di abilitazione (via Santa Caterina e via Pasquale Nastro) e attendono solo ditta ed operai per lavorare. «Noi stiamo spingendo perché questo avvenga» assicura Abagnale, delegato dal sindaco e coadiuvato dal geometra Raffaele Coda. Infatti, l’amministrazione guidata dal primo cittadino Annarita Patriarca ha previsto la presenza di ben due Commissioni Speciali per la legge 219/81. In giacenza presso gli uffici comunali esistevano pesanti faldoni pieni di progetti consegnati negli ultimi 29 anni, tutti analizzati durante questi nove mesi di amministrazione in maniera molto accurata. Qualcuno era valido, qualcun altro meno, altri assolutamente da bocciare, qualcuno “passabile”. Tutti, però, con i nuovi obblighi, che prevedono delle piccole riduzioni in termini di superficie e volume edificabili. «Ma l’unica soluzione – aggiunge Abagnale – è poter dare la possibilità di ricostruire a chi ha un progetto, anche senza i fondi che, in realtà, sono ancora disponibili, anche se per usufruirne ci sono restrizioni particolari». Alcune aree riedificabili ricadono in piena Zona Rossa, e senza parere dell’Ente di Bacino in ogni caso non potrebbero essere rilasciate autorizzazioni. Adesso, poi, tutti i progetti devono essere adeguati al Piano di Recupero che prevede nuovi abbattimento delle barriere architettoniche, adeguamento igienico-sanitario e antisismico. Alcuni dei progetti presentati sono stati bocciati proprio per la mancanza di tali obblighi, come ad esempio Masseria Cannone e uno dei palazzi in via Pasquale Nastro. «Però – prosegue il consigliere gragnanese – mancano all’appello ancora 18 palazzi, soprattutto privati, per i quali nessuno ha mai presentato nessun progetto. Voglio dire che il Comune già potrebbe appropriarsi di queste aree, poiché lo prevede la legge, e se la ricostruzione non dovesse nemmeno essere tentata nei prossimi mesi, come ente potremmo anche requisire il terreno e destinarlo ad altri usi. Non vorremmo arrivare a questo punto». Infatti, in totale, facendo un calcolo approssimativo, con la mancata ricostruzione, Gragnano ha perso 270 unità abitative, un numero importante che non può non essere preso in considerazione. Inoltre, se si pensa che al decoro di una città che mira a diventare un punto fermo del turismo eno-gastronomico, e non solo, non si può pensare di presentare quegli squarci del genere in pieno centro. Così, nel frattempo l’Ufficio Edilizia Privata dà le sue prime autorizzazioni, anche se le spese di ricostruzione saranno tutte a carico dei costruttori. «E siamo sicuri – conclude Giuseppe Abagnale – che noi componenti delle due Commissioni Speciali ci siamo presi un bel rischio».
Dario Sautto
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