
L’Italia (da sinistra a destra) continua a non saper gestire queste situazioni di emergenza. Solo chiacchiere, solo proposte di legge (pacchetti sicurezza); ma sicurezza per chi? Di certo non per i quattro bambini rom morti a Roma, né per i tanti che vivono nei campi abusivi della periferia napoletana, senza luce, acqua e senza alcun tipo di rispetto delle norme di sicurezza, nonché igienico-sanitarie.
L’ennesimo fallimento, l’ ennesimo incapacità del nostro Paese “europeo” dove l’unica reazione del nostro Stato sono, come sempre, le classiche “sentite condoglianze” e arrivederci: almeno questo è quanto sembra trasparire seguendo i servizi giornalistici proposti dalla televisione. Adesso si spera solo di dimenticare il tutto al più presto per far sì che tutto resti immutato. Per chetare le coscienze, far tacere l’opinione pubblica e le critiche europee ora si parla ancora di alloggi provvisori, ma poi? Cosa sarà fatto? Per tutti gli altri, per tutti quelli che vivono alle periferie dei grossi centri, per i tanti che vivono nei campi napoletani? Quasi tutti i campi nomadi che si trovano al di là dell’uscio di casa nostra sono abusivi. Gli unici autorizzati sono quelli di Scampia, gestito da Opera Nomadi con la collaborazione dei volontari della Comunità di Sant’Egidio e quello dell’ex scuola Deledda a Pianura, gestito dal Comune di Napoli.
Sembra, per certi versi, di rivivere quanto accaduto a Ponticelli il 14 maggio del 2008, quando dopo l’incendio dei campi rom sempre per gli stessi motivi si decise di smistare i romeni in case-famiglia in dormitori pubblici o in altre strutture inadeguate. Il risultato fu una vera catastrofe. Già quando tali soluzioni furono proposte, tantissimi rom decisero di sfuggire all’ottusità di chi pretendeva di smembrare interi e numerosi nuclei familiari. Molti si rifugiarono in altri campi dell’area napoletana rendendo quelle strutture, oltre che abusive ed affollate, totalmente sovraffollate e invivibili. Un altro fallimento anche in quel caso. I campi rom, presenti a Napoli, accolgono circa un mi-gliaio di romeni i quali si differenziano dai rom di origine slava (bosniaci e macedoni) per cultura e tradizioni. I campi dai rom di Romania sono localizzati in vari punti della città, da Barra a Ponticelli, Poggioreale, Capodichino e Fuorigrotta. Come ci dichiara Antonio Romano, responsabile Caritas, “…i rom vogliono mantenere la loro identità, rifiutano un cambiamento di stile di vita lontana dalle loro abitudini e tradizioni. Allora bisogna lavorare sulle nuove generazioni e con l’aiuto della scuola e di tutte quelle persone che, nel concreto e con esempi di vita, mostrino loro cammini e prospettive di vita migliore, alternativa a quella del campo, alla sola che conoscono. Piccoli imput, che porteranno a un cambiamento di vita che, dettato da una loro intrinseca necessità, porterà a una solida “integrazione” dei rom con la nostra società”.
L’unica soluzione sarebbe allestire dei campi attrezzati, ma non solo sulla carta. Troppo spesso accade che i campi sono sovraffollati poiché non si tiene in conto che 20 nuclei familiari rom contano ben 140 persone, poiché ogni nucleo è formato, in media, da 5 a 7 persone, compresi i nonni, appena quarantenni. Servirebbe qualcosa di concreto e di utile. Servirebbero fatti, non più promesse. Ma sembra proprio che a nessuno interessi realmente il problema.
A nostro parere sarebbe necessario decidere una volta per tutte quanti nomadi il nostro paese può accogliere potendo prospettare loro una vita dignitosa. Non vuole essere, questa affermazione, un modo per chiudere le porte a persone che, non bisogna dimenticarlo, sono cittadini europei, ma il tentativo di reale integrazione e convivenza con questo popolo. Oltre alle strutture bisognerebbe realizzare una sorta di ente per l’orientamento per indirizzarli a comprendere e rispettare i nostri costumi, le nostre leggi e tutto quanto possa trasformarli da problema in risorsa. La loro diversità e l’arricchimento culturale, che potrebbero dare al nostro paese, oggi sono solo delle idee che restano troppo spesso nei trattati e nelle relazioni dei convegni organizzati per strombazzare i grandi interventi operati a loro favore.
Oggi ci commoviamo per i quattro bambini di Roma, ma sono gli stessi che scacciamo ai semafori o ci infastidiscono per strada. Gli stessi che non vogliamo in classe dei nostri figli dimenticando che, comunque, la conoscenza della diversità è sempre arricchimento.
Angela Del Gaudio
Paola Romano