Ma siamo proprio sicuri che la “reputazione”, il cui significato è certamente noto a tutti, sia ancora un valore di riferimento nelle relazioni umane, sociali e politiche? Lo è certamente nelle relazioni professionali, economiche, aziendali. Il “Global RepTrak Pulse”, ad esempio, è tra i più autorevoli studi che valuta annualmente la “reputation” di 2500 aziende in 41 stati.
Immaginate di applicarlo alla pubblica amministrazione e ai politici che dovrebbero renderla moderna, efficiente e utile ai cittadini. Verrebbe fuori, ordinato in numeri, quasi tutti negativi, quello che ormai tanti conoscono e subiscono quotidianamente. Cose da piangere, certamente, e poi ognuno, per difendersi senza argomenti, griderebbe al complotto, seguendo esempi autorevoli, quotidianamente proposti dalle cronache.
Le notizie che ormai girano velocemente per il mondo aggravano la reputazione generale, perchè spiegano a tutti che, ancora oggi, in piena crisi economica del nostro Paese, chi governa l’Italia, le regioni e i comuni, è più impegnato con le vicende personali e le liti tra gruppi politici, che con il drammatico debito pubblico e i bisogni dei cittadini.
Come definite quel paese, negli ultimi giorni è toccato a Castellammare di Stabia, dove nessuno ancora si è (pubblicamente) indignato per il genitore che ha aggredito una maestra che ha “scritto” una “ammonizione” per un comportamento del suo figliolo, giudicato improprio? La reputazione, piaccia o no, si valuta anche dai comportamenti (ripeto, pubblici) e dalle reazioni che una comunità, dal Sindaco ad ogni cittadino, assume di fronte a fatti gravi, intollerabili, perché terreno di crescita di culture mafiose.
Un Paese che deturpa ed infligge quotidianamente colpi mortali al proprio Patrimonio Culturale, all’ambiente, ai monumenti (discariche nel parco del Vesuvio e Scavi di Pompei, per fare esempi noti al mondo), dimostra di non curare la propria reputazione, di non darle il valore che ha verso i cittadini e la comunità internazionale.
Un Paese che nonostante il sacrificio di tante vittime innocenti delle mafie, non offre agli operatori della giustizia e della legalità gli strumenti legislativi i mezzi economici e il supporto politico e culturale nella guerra che le mafie hanno in corso contro lo Stato, dimostra di non occuparsi del progetto di un mondo migliore, indicatore forte di una buona reputazione.
Un Paese che taglia ciecamente gli aiuti necessari a bambini, disabili, anziani, tossici, malati gravi e che, in particolare in Campania, costringe decine di organizzazioni sociali a fallire e a chiudere la porta della solidarietà ai bisogni e le necessità di migliaia di “ultimi”, ha una reputazione pessima, di quelle che amputano le gambe per correre nel futuro, dove anche la solidarietà condivisa è umanamente digitale.
Antonio Irlando