“La memoria di Ciro Esposito e l’impegno della mamma per la legalità e la pacificazione tra le tifoserie non possono essere offese da una sentenza che riduca la condanna in primo grado per Daniele De Santis”: lo hanno detto il consigliere regionale dei Verdi, Francesco Emilio Borrelli, e Gianni Simioli de “La Radiazza”, augurandosi che “i giudici della Corte d’appello che devono emettere la sentenza, tengano conto della violenza con cui l’ultra romanista aggredì i tifosi del Napoli provocando la reazione di Ciro Esposito che cercò di difendere chi occupava il bus assaltato e fu ucciso brutalmente”.
“Una sentenza più mite non renderebbe giustizia alla morte di Esposito” hanno aggiunto Borrelli e Simioli che, nei mesi scorsi, hanno anche fondato una pagina Facebook per chiedere l’ergastolo per De Santis che, in queste ore, sta ricevendo diversi messaggi di gente arrabbiata per il rischio di una sentenza meno dura. Una brutta storia che starebbe per volgere al termine lasciando tanta amarezza nei cuori di cui conosceva e amava Ciro.
La compostezza della famiglia
La famiglia del giovane tifoso napoletano ucciso non ha mai reclamato vendetta ma sacrosanta giustizia. Commosse l’Italia l’atteggiamento di Antonella Leardi, mamma di Ciro Esposito, per il composto dolore mostrato nei momenti più drammatici della vicenda: una donna intelligente che ha sempre chiesto “pace” in memoria del figlio, sostenendo la necessità di vivere il calcio come un momento di festa, senza eccessi ne atti di violenza che possano condurre a drammi come quello vissuto dalla sua famiglia. “Siamo persone semplici – aveva commentato Antonella Leardi – che con grandi sacrifici hanno tirato su i propri figli inculcandogli principi di onestà e lealtà. Ho sempre cercato di placare le tifoserie perché credo che lo sport e il calcio in particolare vadano vissuti come un’occasione per divertirsi insieme. Prego per chi ha ucciso mio figlio e non provo nessun odio nei suoi confronti”.
Parole di una profondità disarmante che dovrebbero scuotere le coscienze di chi follemente si reca allo stadio solo mascherandosi da tifoso ma restando in realtà un violento, un essere indegno di far parte di una società civile. Non si può ammazzare un ragazzo per una partita di pallone: non c’è attenuante che regga, sermone psicologico da decantare o alibi da ricercare oltre ogni umana comprensione.
Alfonso Maria Liguori