Ancora pericoloso nonostante la detenzione con fascicolo personale riportante “fine pena mai” e affetto da bipolarismo : questa la relazione espressa dai giudici nei confronti di Umberto Onda, alias “Umbertino”, punta di diamante del gruppo di fuoco del clan Gionta e più volte indicato come reggente della stessa organizzazione criminale. Umberto Onda è stato condannato per tre dei sei omicidi commessi tra il 1998 e il 2004 nel corso della sanguinosa guerra di mala contro il sodalizio criminale Limelli-Vangone.
Il tribunale di sorveglianza aveva già confermato il regime di detenzione al carcere duro per il feroce killer dei Gionta ritenuto dai magistrati particolarmente violento e in grado di comandare anche dal carcere. Onda ha sempre ricoperto un ruolo apicale tra i sicari dei “valentini”: fu lui a sparare quasi venti proiettili contro Carlo Balzano ed Angelo Scoppetta. Il vero bersaglio dell’agguato mortale avvenuto il 29 settembre del 2004 era Balzano : i Gionta ritennero infatti la vittima non più affidabile per l’organizzazione. Un particolare questo che all’interno del sistema comporta l’inappellabile condanna a morte per l’affiliato in odore di tradimento o poco gestibile. Umberto Onda ha rappresentato per anni a Torre Annunziata l’icona del camorrista spietato e particolarmente temuto dagli stessi nemici.
Radio Mala nei vicoli aveva tempo addietro indicato il nome di Umberto Onda quale possibile reggente del clan Gionta : l’uomo ideale per rappresentare un’organizzazione a delinquere dal modus operandi particolarmente violento. Singolare la figura del padrino Valentino Gionta, affiliato a Cosa Nostra e referente della mafia in Campania, che avrebbe particolarmente influenzato l’ascesa malavitosa di Onda. Chi l’ha conosciuto sarebbe pronto a giurare sull’assoluta fedeltà di Onda al clan Gionta e sullo spessore omertoso che contraddistinguerebbe il boss. Onda rappresenterebbe ancora un mito per molti giovani sbandati torresi, con particolare riferimento a quelli cresciuti nel centro storico e nell’area portuale.
Alfonso Maria Liguori