tribunale torre annunziata

Una cosca invisibile che per quasi mezzo secolo ha prosperato tra omertà e terrore, infiltrandosi sempre di più nell’economia reale. Questo è il ritratto del clan Di Martino, attivo tra Gragnano e Pimonte, che emerge dal processo Golden Hiding in corso al Tribunale di Torre Annunziata. Un’indagine che ha messo sotto i riflettori una richiesta estorsiva da 50mila euro imposta alle concessionarie d’auto nell’area dei Monti Lattari.

L’attenzione dell’antimafia si è concentrata sulla cosca dopo la denuncia di un imprenditore titolare di una concessionaria di noleggio auto. Era il 2010 quando ai militari raccontò che «un uomo si era recato da lui armato chiedendo 50mila euro e che il tutto doveva essere consegnato entro due giorni e che se si fosse opposto entro due giorni sarebbe stato sparato». A ricostruire l’episodio in aula è stato uno degli 007 che ha indagato sulla famiglia criminale. «Ad oggi, il clan esiste, in termini giudiziari, solo nelle informative dell’antimafia», ha aggiunto, sottolineando che non è mai stata prodotta una sentenza che ne attesti l’esistenza.

L’impero economico dei Di Martino non si è limitato al traffico di droga, alle estorsioni e all’usura, ma si è esteso ben oltre, penetrando nei settori della ricettività turistica, delle società di charter e delle concessionarie d’auto. Un sistema gestito attraverso prestanomi e imprenditori fedeli alla famiglia, che ad oggi non conta nemmeno un esponente in carcere.

Infatti, Antonio Di Martino, indagato come promotore dell’associazione finalizzata al traffico di droga nel processo Golden Hiding, è tornato in libertà nei mesi scorsi con l’obbligo di permanenza nel Lazio. Il fratello Vincenzo è agli arresti domiciliari per una condanna legata allo spaccio di marijuana e cocaina in Penisola Sorrentina, mentre l’altro fratello, Fabio, ha già scontato la sua pena dopo il processo Golden Gol. Il fondatore della cosca, Leonardo “o’ lione”, padre dei tre fratelli, è in casa lavoro e tra pochi mesi finirà di scontare la sua condanna per droga.

Secondo l’antimafia, la famiglia Di Martino si è imposta nel panorama criminale prima attraverso il traffico di marijuana coltivata sulle pendici del Faito e dei Monti Lattari, poi con le estorsioni e infine stringendo alleanze strategiche con clan come quello dei D’Alessandro di Scanzano. Un’espansione culminata nella costruzione di un vero e proprio impero economico.

Nonostante tutto, il processo Golden Hiding rimane l’unico in piedi e ancora non attesta formalmente l’esistenza dell’associazione a delinquere denominata clan Di Martino. Sono 15 le persone indagate a piede libero per associazione finalizzata allo spaccio e detenzione di armi, accuse che il collegio difensivo – composto dagli avvocati Antonio De Martino, Francesco Romano, Renato D’Antuono, Mariano Morelli e Imma Di Somma – proverà a smontare.

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