La Corte di Appello di Napoli, sezione penale VIII, ha stabilito il rinvio al prossimo 1° aprile della decisione sulla consegna all’autorità giudiziaria belga di Luciana Simeone, collaboratrice dell’europarlamentare di Forza Italia Fulvio Martusciello. La donna è destinataria di un mandato di arresto europeo emesso dalle autorità giudiziarie del Belgio nell’ambito di un’inchiesta che riguarda un presunto giro di tangenti legato al colosso cinese Huawei e alla tecnologia 5G.

Il motivo del rinvio e la richiesta dei legali

Il rinvio è legato alla richiesta avanzata dagli avvocati difensori di Simeone, Antimo Giaccio e Claudio Pollio, di ottenere e prendere visione della traduzione dal francese all’italiano del mandato di arresto europeo notificato alla loro assistita la scorsa settimana. I legali hanno inoltre avanzato la richiesta che la donna venga sottoposta a una visita medica, indicando il medico che potrebbe recarsi presso la sua abitazione a Ercolano per effettuare i controlli. Luciana Simeone, 47 anni, oggi ha rinunciato a essere presente in aula proprio a causa delle sue condizioni di salute.

Le accuse a carico della collaboratrice parlamentare

Le autorità belghe contestano alla segretaria di Martusciello di aver ricevuto una somma di mille euro con l’obiettivo di corrompere altri europarlamentari, attualmente non identificati, al fine di favorire gli interessi di Huawei. Questa accusa si inserisce in un’inchiesta più ampia, condotta dagli inquirenti belgi, che ha già portato all’arresto di quattro lobbisti legati alla multinazionale cinese. Secondo quanto emerso, tali soggetti sarebbero sospettati di aver corrotto circa quindici tra ex e attuali eurodeputati per sostenere Huawei nel mercato europeo della tecnologia 5G.

Il coinvolgimento di Martusciello e la lettera a Bruxelles

Sebbene l’europarlamentare Fulvio Martusciello non risulti indagato, il suo nome compare in relazione a una lettera del gennaio 2021, di cui è stato primo firmatario, indirizzata alle istituzioni europee. Il documento contestava la “politicizzazione della diffusione della tecnologia 5G” all’interno dell’Unione Europea, criticando i divieti imposti ai dispositivi stranieri sulla base di presunti rischi per la sicurezza nazionale. La missiva, secondo gli inquirenti, rientrerebbe nella strategia promossa dai lobbisti per favorire l’accesso di Huawei al mercato europeo nonostante le restrizioni imposte da diversi Stati membri.

Un nuovo scandalo tra le istituzioni europee

L’indagine su Huawei e il coinvolgimento di esponenti politici riaccende il dibattito sulla trasparenza e sulla regolamentazione del lobbying all’interno delle istituzioni europee. Il Parlamento Europeo, negli ultimi anni, è stato più volte travolto da scandali legati alla corruzione e alla pressione esercitata da multinazionali su deputati e funzionari. La vicenda Simeone rappresenta un ulteriore caso che potrebbe portare a nuove misure di controllo e vigilanza sulle attività di rappresentanza d’interessi all’interno dell’UE.

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