Ha suscitato indignazione e condanna bipartisan il caso di Stefano Addeo, professore di tedesco in servizio presso il Liceo artistico, linguistico, scientifico e di scienze applicate di Cicciano, nel nolano, in provincia di Napoli, che in un post sui social ha augurato alla figlia di Giorgia Meloni, la piccola Ginevra, di “fare la stessa fine di Martina Carbonaro“, la quattordicenne di Afragola uccisa barbaramente dal suo ex fidanzato. Un commento ritenuto da più fronti agghiacciante, ancor più perché pronunciato da un educatore.
Il docente, 65 anni, residente a Marigliano, è stato identificato dalla polizia postale e ha ammesso le proprie responsabilità davanti agli inquirenti. Il post incriminato è stato rimosso, ma la vicenda è ormai di dominio pubblico e ha attivato sia la Procura di Roma, che aprirà un fascicolo per minacce aggravate, sia l’Ufficio scolastico regionale, pronto a varare sanzioni disciplinari già nella giornata di martedì 3 giugno.
Gli altri post e l’odio ideologico
Le indagini hanno rivelato che non si è trattato di un episodio isolato: altri messaggi d’odio erano comparsi sui profili social del professore, indirizzati anche contro i figli di altri esponenti del governo. In particolare, Addeo aveva pubblicato un altro post in cui augurava “la stessa sorte dei palestinesi a Gaza” non solo alla figlia della premier, ma anche ai figli dei ministri Antonio Tajani e Matteo Salvini, in riferimento a una foto che li ritraeva con il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu.
I suoi post, molti dei quali successivamente cancellati, sono stati giudicati violenti, estremisti e gravemente inappropriati per chi riveste un ruolo educativo. Dal suo profilo Facebook emergono epiteti e insulti rivolti alla premier, definita in più occasioni “pescivendola”, “carciofara”, “nana” e “fascista”.
Le scuse del docente
Nonostante le rimozioni e l’intervento delle autorità, Addeo ha provato a giustificarsi pubblicamente: «È stato un gesto stupido, scritto d’impulso. Chiedo scusa per il contenuto del post: non si augura mai la morte, soprattutto a una bambina. Ma non ritiro le mie idee politiche: non mi sento rappresentato da questo governo».
Un’ammissione che non è bastata a placare le polemiche, considerato anche che si tratta di un docente in servizio e a un passo dalla pensione, chiamato, per ruolo e funzione, a educare al rispetto.
Valditara: “Licenziamento per chi tradisce la scuola”
Dure le parole del ministro dell’Istruzione Giuseppe Valditara, che già ieri aveva commentato l’episodio affermando: “La figura del docente è di straordinaria importanza nella formazione dei giovani, non solo nell’impartire saperi ma anche nell’educare al rispetto verso gli altri. È indispensabile che i docenti siano per primi consapevoli del valore sociale del loro ruolo“. E ancora: “Non possiamo più tollerare comportamenti che tradiscono il decoro e la dignità della professione. Il Ministero sanzionerà quanti non sono degni di far parte della nostra scuola“.
Nella giornata odierna, l’Ufficio scolastico regionale ha confermato che saranno avviati i procedimenti disciplinari immediatamente, valutando anche l’ipotesi di licenziamento per “indegnità”.
Solidarietà da tutto l’arco politico
L’episodio ha innescato un’ondata di solidarietà trasversale nei confronti della premier. Il presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha telefonato a Giorgia Meloni per esprimere vicinanza e indignazione per quanto accaduto. La premier, appena rientrata dalla missione in Asia Centrale, ha vissuto con sgomento e rabbia quanto accaduto, come riferito da fonti vicine. Il pensiero ricorrente che l’ha sconvolta è stato: “E se qualcuno passasse dalle parole ai fatti?“.
Anche l’opposizione ha condannato fermamente l’episodio. Oggi, durante il ricevimento al Quirinale per la Festa della Repubblica, si prevede un possibile incontro tra la premier e la segretaria del PD Elly Schlein, che ieri ha fatto pervenire il proprio messaggio di solidarietà.
Meloni: “Un odio ideologico che ha superato ogni limite”
Attraverso i suoi canali ufficiali, la presidente del Consiglio ha commentato: “Le minacce rivolte ai figli del vicepremier Matteo Salvini e del ministro Matteo Piantedosi dimostrano che non siamo davanti a episodi isolati, ma a una spirale d’odio alimentata da un fanatismo ideologico che ha superato ogni limite. Nessuna divergenza politica può mai giustificare l’attacco ai figli, ai bambini, alla parte più intima e sacra della vita di una persona“.
In un successivo appello, ha aggiunto: “Esistono confini che non devono mai essere superati. Difenderli è una responsabilità che va oltre ogni appartenenza“. Un messaggio rivolto anche alle forze politiche avversarie, affinché si abbassino i toni, si metta da parte la retorica dell’odio e si ritrovi un fronte comune nel condannare senza ambiguità chi attacca i più deboli.
Reazioni anche dal territorio
Il sindaco di Marigliano, Gaetano Bocchino, ha preso le distanze in modo netto dal suo concittadino: “Non conosco il presunto cittadino di Marigliano che ha scritto un post violento e inaccettabile contro la premier Giorgia Meloni, ma condanno con assoluta fermezza il suo delirio, come mariglianese e uomo delle istituzioni“. E ha aggiunto: “Trovo assurdo che un insegnante usi un linguaggio del genere: il suo è il classico esempio di tutto ciò che la politica deve evitare“.
Anche il consigliere regionale Severino Nappi (Lega) ha invocato il licenziamento immediato: “È intollerabile che chi dovrebbe contribuire a formare giovani menti si distingua solo per l’odio che semina“.
Don Patriciello: “Da campano, chiedo perdono a Ginevra”
Maurizio Patriciello ha commentato il post carico d’odio rivolto a Ginevra, la figlia del Presidente del Consiglio Giorgia Meloni. “Nel leggere quelle parole blasfeme contro un’anima innocente, ero rimasto basito, sconcertato, addolorato” ha detto, aggiungendo di essere rimasto senza parole nel sapere che l’autore fosse un insegnante anziano di scuola superiore.
Padre Patriciello ha concluso: “Da cittadino campano chiedo perdono a Ginevra, ai suoi genitori, ai suoi nonni. Preghiamo che il Signore metta un po’ di sale in tante zucche vuote. Un bacione grande quanto il sole a Ginevra e a tutti i bambini del mondo”.
Le minacce ricevute da Addeo
Il docente riferisce di aver ricevuto minacce di morte, insulti e lanci di pomodori contro le vetrine di casa”: “Ho sporto denuncia alla polizia Postale. Non ho cancellato il post per paura, ma perché mi sono reso conto da solo che era sbagliato“. Poi cintnua con un’altra affermazione che che apparentemente proprio non c’entra con quanto accaduto, oltre a non rispondere in genere alla realtà: “Non accetto che un insegnante debba condividere pedissequamente le idee del governo per essere ritenuto degno del suo ruolo”.
Nonostante le scuse il post viene ritenuto, dal governo, un elemento non conciliabile con un docente di istituto superiore.
Il fascicolo della Procura: odio e munacce corrono sui social
La Procura di Roma, con il pool dei reati informatici coordinato dal procuratore aggiunto Sergio Colaiocco, aprirà nei prossimi giorni un fascicolo penale a carico di Stefano Addeo. Le accuse ipotizzate sarebbero minacce aggravate e istigazione all’odio, con l’aggravante di aver preso di mira una minore, figlia di un rappresentante delle istituzioni.
Il caso Addeo si inserisce in un clima sempre più avvelenato, dove odio e minacce corrono sui social e trovano eco anche tra persone che dovrebbero rappresentare modelli educativi. La gravità dell’accaduto impone ora una riflessione collettiva, che coinvolga istituzioni, scuola e società civile, su come contenere l’estremismo verbale e proteggere i più vulnerabili, soprattutto i bambini, da qualunque forma di aggressione, reale o virtuale.