Il Tar della Campania ha annullato l’ordinanza con cui il prefetto di Napoli aveva prorogato il divieto di stazionamento in alcune aree della città, le cosiddette “zone rosse”. La decisione è arrivata in risposta al ricorso presentato da un gruppo di associazioni e rappresentanti istituzionali locali. La misura prefettizia, secondo i ricorrenti, era stata adottata sulla base di una direttiva del Ministero dell’Interno, firmata da Matteo Piantedosi, e rappresentava un’estensione illegittima di poteri straordinari.
Le motivazioni del Tar: assenza di emergenza e violazione della Costituzione
Secondo quanto riportato nella sentenza, il Tar ha rilevato l’assenza dei presupposti necessari per giustificare il rinnovo delle ordinanze restrittive. Il provvedimento del prefetto è stato definito “privo dei necessari presupposti, illegittimo e lesivo dei principi fondamentali dell’ordinamento costituzionale”.
Come spiegato in una nota dal team legale che ha sostenuto il ricorso, “la sentenza dichiara apertamente che non vi era alcuna emergenza eccezionale, né alcuna motivazione nuova, idonea a giustificare l’uso reiterato di poteri prefettizi straordinari. Un richiamo forte e definitivo alla legalità costituzionale, contro ogni tentativo di trasformare l’eccezione in prassi“.
La posizione degli avvocati: “Vittoria dello Stato di diritto”
I legali Chiappetta e Arena, che hanno assistito le associazioni firmatarie del ricorso, hanno commentato con soddisfazione il verdetto del tribunale amministrativo. In una dichiarazione congiunta hanno affermato: “È una vittoria dello Stato di diritto. Il Tar ha riconosciuto che le ordinanze del Prefetto erano illegittime e violavano principi costituzionali. Dopo mesi di contenzioso, viene sancito un principio fondamentale: il potere straordinario non può diventare regola ordinaria. Il diritto non può piegarsi a logiche di emergenza permanente“.
“Nessuna direttiva ministeriale può derogare, neanche di fatto, ai principi di uguaglianza, legalità, presunzione di innocenza e proporzionalità. È una sentenza che difende la democrazia”, hanno aggiunto i due avvocati.
Le reazioni politiche locali: “Una bocciatura senza appello”
Anche Chiara Capretti e Pino De Stasio, consiglieri municipali di Napoli e firmatari del ricorso, hanno espresso soddisfazione per la decisione del tribunale. In una dichiarazione ufficiale, hanno definito la sentenza come “una bocciatura senza appello per chi ha usato lo stato di emergenza come pretesto per aggirare il confronto democratico e marginalizzare le istituzioni locali. Il Tar restituisce parola al diritto e visibilità ai territori”.
La replica della prefettura: “Provvedimenti condivisi e proporzionati”
Non si è fatta attendere la risposta della prefettura di Napoli, che ha annunciato l’intenzione di presentare ricorso al Consiglio di Stato contro la decisione del Tar. In una nota ufficiale si legge: “La sentenza sarà prontamente appellata innanzi al Consiglio di Stato“.
Secondo quanto sostenuto dalla prefettura, le ordinanze di divieto di stazionamento nelle cosiddette zone rosse erano provvedimenti volti a garantire la sicurezza urbana, adottati in modo proporzionato ed equilibrato, limitando al minimo il sacrificio degli interessi concorrenti. “Sono provvedimenti che consentono l’allontanamento di soggetti molesti e dediti ad attività illecite da zone connotate da degrado e criminalità, con i quali, in modo proporzionato ed equilibrato e col minor sacrificio possibile degli interessi concorrenti, sono state definite zone ad accesso limitato, a tutela della sicurezza urbana, coniugando la libertà di circolazione con la sicurezza e l’ordine pubblico”.
Le motivazioni del prefetto: zone ad alta esposizione criminogena
La prefettura ha inoltre precisato che i provvedimenti contestati erano il risultato di decisioni assunte nell’ambito del Comitato provinciale per l’ordine e la sicurezza pubblica, in collaborazione con i sindaci e, in alcuni casi, su loro espressa richiesta. “I provvedimenti adottati dal prefetto erano scaturiti da decisioni, peraltro condivise con i sindaci e talvolta richieste dagli stessi, assunte in seno ad apposite sedute del Comitato provinciale per l’ordine e la sicurezza pubblica”.
Le aree interessate, secondo la prefettura, erano estremamente limitate nel loro perimetro e selezionate in base a segnalazioni relative a episodi di movida violenta e molesta, risse, fenomeni di degrado, aggressioni per futili motivi, atti di vandalismo, consumo eccessivo di alcool, inquinamento acustico, criminalità diffusa, con riferimento a reati contro il patrimonio, contro la persona, stupefacenti e armi
Erano stati inoltre individuati specifici destinatari delle misure di controllo: “soggetti che, già segnalati per determinati reati, assumono atteggiamenti aggressivi, minacciosi o insistentemente molesti”.
Il futuro del provvedimento: si attende il Consiglio di Stato
Il contenzioso non è ancora concluso. Come sottolineato nella nota conclusiva della prefettura, “tale era il presupposto delle proroghe oggetto del contenzioso definitosi con la sentenza in esame, che sarà prontamente appellata innanzi al Consiglio di Stato”.
In attesa del pronunciamento definitivo, resta aperta la questione sull’equilibrio tra libertà individuali e necessità di sicurezza urbana, in un contesto cittadino complesso come quello di Napoli.