Il futuro del monastero di Santa Maria delle Grazie di Sorrento, edificato nel Seicento e per secoli sede delle suore di clausura dell’ordine domenicano, divide la città. Dopo l’uscita dell’ultima religiosa, cresce la preoccupazione dei residenti che hanno promosso una petizione popolare, raccogliendo in pochi giorni oltre 800 firme e inviando una lettera-appello al commissario prefettizio del Comune, Rosalba Scialla. Al centro delle richieste c’è la fissazione di una chiara destinazione d’uso del bene: nessuna conversione in struttura ricettiva, ma la tutela della funzione storica, religiosa e sociale che ha contraddistinto il complesso per più di quattro secoli.
La mobilitazione dei cittadini
La petizione, dal titolo “Difendiamo il Monastero delle Grazie di Sorrento!”, è stata diffusa nel giro di pochi giorni e ha raccolto centinaia di adesioni. I promotori sottolineano il timore che l’edificio possa essere trasformato in hotel o casa vacanza, un destino che secondo i firmatari snaturerebbe profondamente la vocazione del luogo. “Il monastero è il cuore di Sorrento, un presidio culturale, religioso e civile che non può diventare una struttura turistica”, si legge nell’appello.
Un complesso monumentale nel cuore della città
Il monastero occupa un intero isolato, un grande quadrilatero compreso tra via San Francesco, via Berardina Donnorso, via Santa Maria delle Grazie e piazza Sant’Antonino. All’interno, tre chiostri e una vasta area a verde costituiscono un raro equilibrio tra architettura conventuale e giardino urbano. Dichiarato bene culturale di interesse pubblico dallo Stato italiano, il complesso è sottoposto alla vigilanza del Ministero della Cultura per quanto riguarda la compatibilità degli eventuali utilizzi. Per i cittadini, questo vincolo deve rappresentare una garanzia di tutela e non un ostacolo a una valorizzazione coerente con la storia del luogo.
Le origini e la fondatrice Berardina Donnorso
Il monastero affonda le radici nella volontà della sua fondatrice, Berardina Donnorso, figura che appartiene alla memoria storica della città. Catturata e deportata dai turchi, riuscì a fare ritorno nella sua Sorrento e, per sciogliere un voto, donò il terreno sul quale venne edificato il complesso. La costruzione fu avviata con un mandato preciso: accudire le giovani sorrentine più povere e destinare gli spazi al culto cattolico. È questa traccia identitaria, ricordano i cittadini, che oggi deve orientare le scelte amministrative.
Le richieste alla pubblica amministrazione
Con la mobilitazione popolare, i residenti chiedono al Comune di stabilire con chiarezza la destinazione d’uso del bene, così da escludere ipotesi di sfruttamento turistico-ricettivo. “Non si tratta di frenare la città – spiegano i promotori – ma di difendere un patrimonio che incarna la nostra storia e la nostra identità”. L’appello invita le istituzioni a individuare una via coerente con la tradizione, capace di salvaguardarne i valori religiosi, culturali e sociali.