Ercolano, tragedia della fabbrica di fuochi abusiva: chiesti 20 anni per i due responsabili

Venti anni di reclusione: è la pena chiesta dai pubblici ministeri Stella Castaldo e Vincenzo Toscano della Procura di Napoli per Pasquale Punzo e Vincenzo D’Angelo, ritenuti responsabili della strage di via Patacca a Ercolano, l’esplosione della fabbrica abusiva di fuochi d’artificio che il 18 novembre 2024 costò la vita a tre giovani operai in nero — le gemelle Sara e Aurora Esposito, 26 anni, di Marigliano, e il diciottenne Samuel Tafciu, di origini albanesi.

Esplode fabbrica abusiva di fuochi di artificio ad Ercolano: morti tre giovani di Marigliano

Per i due imputati, i magistrati contestano il triplice omicidio volontario con dolo eventuale, oltre ai reati di caporalato, detenzione e fabbricazione di esplosivi e violazioni delle norme sulla sicurezza sul lavoro. Chiesta invece una condanna a 4 anni di reclusione per Raffaele Boccia, 64 anni, di San Giuseppe Vesuviano, accusato di concorso nella fabbricazione abusiva di materiale esplodente.

Durante la requisitoria, momenti di forte commozione in aula, mentre i pm ricostruivano l’inferno di fuoco che distrusse la palazzina di via Patacca e spense tre giovani vite.

La sera del 18 novembre 2024, una violenta deflagrazione devastò un’abitazione di via Patacca, trasformata abusivamente in una fabbrica clandestina di fuochi pirotecnici. L’esplosione fu talmente potente da far crollare l’intero edificio, uccidendo sul colpo i tre operai che vi lavoravano senza alcuna tutela né contratto.

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Le indagini, condotte dai carabinieri di Ercolano sotto il coordinamento della Procura partenopea, portarono dopo otto giorni all’arresto di Pasquale Punzo. Gli approfondimenti successivi permisero di risalire alla provenienza dei materiali esplosivi, riconducibili a una pirotecnica di San Giuseppe Vesuviano gestita di fatto da Raffaele Boccia. Secondo gli inquirenti, Boccia avrebbe ceduto parte della polvere pirica e dei componenti a Punzo e D’Angelo.

Nell’abitazione di via Patacca era stato ricavato un vero e proprio laboratorio pirotecnico illegale, privo di ogni autorizzazione o misura di sicurezza. Nel decreto di custodia cautelare si legge che all’interno venivano realizzati e assemblati ordigni esplosivi artigianali, anche utilizzando “flash powder”, una miscela altamente instabile e dal potente effetto detonante.

“Una fabbricazione in assenza di qualsivoglia licenza, presidio di sicurezza e in condizioni di specifico pericolo concreto”, scrivono i giudici nelle carte dell’inchiesta.

Sara, Aurora e Samuel lavoravano “in condizioni di sfruttamento”, secondo l’accusa, con turni estenuanti e retribuzioni irrisorie. Gli imputati avrebbero approfittato del loro stato di bisogno e della precarietà economica, impiegandoli in un’attività clandestina ad altissimo rischio. Per questo, la Procura di Napoli ha chiesto complessivamente 24 anni di reclusione per i tre imputati.

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