Migliaia di fedeli in piazza a Pompei per i 150 anni del quadro della Madonna del Rosario

Il Cardinale Pietro Parolin ha presieduto il rito commemorativo, ricordando l’opera di San Bartolo Longo e invitando i fedeli a vivere la preghiera come guida quotidiana. “Pompei continui a essere santuario di luce, scuola di preghiera, officina di carità”

Omelia del Cardinale Pietro Parolin Segretario di Stato e Legato Pontificio

Cari fratelli e sorelle, mi riempie di profonda gioia trovarmi in questo Santuario, luogo sacro che ha accolto santi e visitatori illustri, testimone silenzioso di fede e devozione.

Ringrazio di cuore il Santo Padre Leone, che mi ha inviato qui, ai piedi della Vergine del Rosario, per presiedere l’Eucarestia in un giorno così ricco di significato per tanti fedeli di questa terra e del mondo intero.

Ricordiamo infatti oggi il 150° anniversario dell’arrivo del quadro della Madonna del Rosario in questa terra, un tempo conosciuta come la “valle sconsolata”. Era il 13 novembre 1875, quando san Bartolo Longo fece trasportare qui l’immagine della Vergine. Lui stesso racconta che la tela fu affidata ad un carrettiere che la trasportò su un carro carico di letame. Da quel gesto semplice e ardente di fede nacque una storia nuova, segnata dalla grazia e dalla presenza materna di Maria.

Anche il Papa si unisce spiritualmente alla nostra preghiera. In questo giorno lo sentiamo vicino, presente in mezzo a noi, e affidiamo alla protezione di Maria la sua persona e il suo ministero apostolico, perché guidi la Chiesa con la sapienza e la forza che vengono dall’alto.

Saluto con fraterna cordialità l’Arcivescovo Prelato e Delegato Pontificio Sua Eccellenza Reverendissima Mons. Tommaso Caputo, i confratelli nell’episcopato e nel presbiterato, le Autorità civili e militari, e tutti voi, fedeli e pellegrini, giunti da diverse parti d’Italia per rinnovare, insieme a Maria, il vostro atto di fede e di amore.

Nel Messaggio dello scorso anno all’Arcivescovo Prelato, il compianto Papa Francesco ricordava non solo l’arrivo, singolare e rocambolesco, del quadro della Vergine del Rosario a Pompei, ma anche il ruolo profondo della città mariana, centro di preghiera e di pace.

Papa Francesco indicava questo Santuario come «primaria e inesauribile fonte di propagazione del Rosario», definendo quest’ultimo «la preghiera che aiuta a costruire la pace». Sottolineava inoltre quanto sia provvidenziale che il Giubileo del Quadro della Madonna di Pompei coincida con l’Anno Giubilare incentrato su Gesù nostra speranza e con il XVII centenario del Concilio di Nicea (Messaggio del Santo Padre in occasione del 150° Anniversario dell’arrivo del quadro della Vergine del Rosario a Pompei, 10 novembre 2024).

È un vero “Giubileo nel Giubileo”, come ha scritto il vostro Arcivescovo, che accompagna la “Nuova Pompei” in questo tempo di grazia, reso ancora più significativo dalla canonizzazione di Bartolo Longo, avvenuta il 19 ottobre scorso in piazza San Pietro. Un laico che ha dato una straordinaria risposta educativa ai bisogni del suo tempo, volendo, insieme alla devozione a Maria, ridare alle persone dignità e prospettiva attraverso le opere di educazione e di carità.

Venendo qui oggi, nel luogo che l’avvocato Bartolo Longo volle consacrare alla Madonna del Rosario come casa di preghiera e di speranza per tanti, ci sentiamo avvolti da quella stessa tenerezza che Maria offrì alla casa di Elisabetta: una presenza silenziosa, premurosa, colma di fede e di amore. Le nostre giornate, lo sappiamo, scorrono spesso nella fretta. Tutto si misura in termini di rendimento, di efficienza, di utilità. E non possiamo negare che, almeno in parte, ciò possa produrre anche del bene: viviamo in un mondo interconnesso, capace di comunicare in un istante da un continente all’altro, di compiere grandi progressi scientifici e tecnici.

Eppure, l’altra faccia di questa frenesia è la distrazione del cuore. Nella corsa quotidiana rischiamo di non accorgerci più delle persone, dei loro bisogni, dei loro dolori. Talvolta la fretta diventa una forma di fuga: si corre per non pensare, per non interrogarsi sul senso profondo della vita. Una società frettolosa, infatti, facilmente sorvola sulle grandi domande sul senso della vita.

«Maria raggiunse in fretta una città di Giuda», abbiamo sentito all’inizio della pagina del Vangelo secondo Luca. La fretta di Maria non è fuga dalla realtà né distrazione verso chi le sta accanto. È una fretta interiore, che nasce dal cuore e dalla profonda spinta a raccontare le grandi opere che Dio ha compiuto in lei.

Il villaggio di Elisabetta distava più di cento chilometri da Nazareth e, pur essendo ella giovane e probabilmente abile nel camminare, non possiamo immaginare che abbia attraversato le colline correndo. Non si tratta dunque di velocità fisica, ma di una fretta dell’animo.

Maria cammina “in fretta” perché sente l’urgenza di condividere con Elisabetta la gioia dell’amore di Dio, di testimoniare che il Signore è presente. Nessun altro compito le appare più importante: annunciare l’amore divino è la sua priorità assoluta.

Questa è la fretta di Maria: la fretta di chi ama, di chi non può trattenere la gioia ricevuta e desidera trasmetterla agli altri, illuminando il cammino di chi incontra. C’è una pagina dell’Imitazione di Cristo, che certamente molti di voi conosceranno, che dice: «Chi ama corre e vola. Vive nella gioia».

Il canto del Magnificat è l’annuncio dell’amore di Dio verso i poveri, verso chi attende consolazione e speranza. È per questo canto che Maria si è affrettata: per dire a Elisabetta che il Signore è presente, che è in lei, e che ci ama.

Noi cristiani siamo chiamati a imitare questa fretta, ma non quella superficiale di chi corre per sfuggire ai problemi o si lascia travolgere dall’attivismo. È questo il dono più grande che possiamo offrire al mondo: testimoniare l’amore di Dio e condividere la gioia che esso porta.

Pensiamo a san Bartolo Longo, che attraversò una profonda crisi interiore. Era un uomo in ricerca, come tanti del suo tempo e anche del nostro: cercava luce, verità, senso, ma si trovava spesso davanti al vuoto e alla confusione di un mondo che prometteva tutto e non dava nulla. Nel suo cuore, inquieto e assetato di assoluto, si accese però una scintilla nuova quando incontrò Maria, la Madre che lo accolse e lo guidò con la sua tenerezza silenziosa. In lei, Bartolo scoprì la via sicura verso Dio, la pace che il mondo non poteva offrirgli.

Fu allora che comprese che non poteva tenere per sé quella gioia ritrovata. Come Maria, che «si mise in fretta in cammino» per portare a Elisabetta la lieta notizia dell’annuncio dell’angelo, anche Bartolo sentì l’urgenza di “correre” verso gli altri, per annunciare che il Signore è vicino, che ama ogni uomo e che nulla è perduto.

Da quella fretta del cuore nacque una straordinaria opera di fede e di carità: la “Nuova Pompei”, città della speranza, della preghiera e della misericordia.

Il segreto di questa rinascita spirituale fu il Rosario. In quella semplice preghiera – contemplazione dei misteri di Cristo con gli occhi di Maria – Bartolo trovò la forza per rialzarsi, la luce per orientare la propria vita e il linguaggio per educare alla fede intere generazioni. Il Rosario lo condusse a riscoprire che ogni mistero della fede, ogni gioia e ogni dolore, hanno il loro centro in Gesù, il Figlio di Maria. Così comprese che non si può amare veramente Maria senza lasciarsi condurre da lei verso Cristo.

Ed è proprio questo il cuore della spiritualità mariana autentica: Maria non trattiene per sé l’amore e la lode che riceve, ma le rimanda al Figlio, come uno specchio limpido che riflette la luce di Cristo.

Se Dio ha sognato la tenerezza e la gratuità di Maria, è perché prima aveva pensato alla meravigliosa umanità di Gesù. Maria perciò va vista come lo specchio della bellezza di Gesù, come il riflesso e il riverbero della sua perfezione.

Questo ci porta a stabilire con Maria un rapporto di devozione che non si arresta a lei, come talvolta accade, ma che da lei si trasferisce immediatamente su Gesù. L’ambizione di Maria non è essere onorata come fosse una dea, ma servire il Figlio, come ha fatto per tutta la vita, aiutandoci a comprendere il suo Vangelo fatto di tenerezza, di dono e di amore puro e generoso.

In tempi spesso violenti e volgari, questa pedagogia di Maria si rivela preziosa: ci affascina per condurci a un fascino ancora più grande e indimenticabile, quello di Gesù, il più bello dei figli dell’uomo, che lei porta tra le braccia.

E Maria, mostrandoci il suo Figlio, sembra dirci: «Anche voi portate dentro la vostra esistenza un sogno di Dio. Anche dalla vostra carne e dal vostro sangue, dalle vostre sofferenze e dalle vostre attese, il Signore vuole ricavare un capolavoro. Perché questo si realizzi, non dimenticate di incarnare in tutti i gesti della vostra vita la luce della tenerezza e della gratuità».

A lei, specchio della bellezza di Cristo e Madre della speranza, vogliamo ora affidare la nostra vita, ciascuno di noi, le nostre famiglie e la Chiesa intera, il mondo intero.

In questo momento, possiamo tutti insieme rivolgere lo sguardo verso il quadro della Vergine del Rosario, che da centocinquant’ anni veglia su questa terra e sui suoi figli. Davanti a lei, Madre tenerissima, rinnoviamo la nostra fiducia e la nostra preghiera, dicendo con il cuore:

O Maria, Madre del Rosario,
tu che hai creduto alla Parola e l’hai portata nel mondo,
rinnova anche in noi la gioia della fede.
Fa’ che Pompei, nel suo centocinquantesimo
anniversario,
continui a essere santuario di luce, scuola di preghiera,
officina di carità.

Fa’ che ogni pellegrino che varca la soglia di questa casa
possa sentire che Dio è vicino,
che la misericordia è più forte del peccato,
che la speranza non delude.
E così, contemplando con te il volto di Cristo,
possiamo anche noi diventare, come te,
servi della Parola, missionari della carità,
cantori della speranza che non muore.
Amen.

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