“Sbriciolate dalla disattenzione due preziosissime coppe di ossidiana provenienti dagli Scavi archeologici di Stabia”. Antonio Pepe, segretario della Cisl-bac Pompei, denuncia l’ennesimo grave episodio che sottolinea l’inadeguata gestione dei beni archeologici, soprattutto nel napoletano.
“L’archeologia del Golfo – scrive Pepe – continua a perdere pezzi. Dopo il più famoso crollo della Schola Armaturarum degli Scavi archeologici di Pompei il 6 novembre 2010, questa volta due eccezionali reperti sono andati letteralmente in frantumi a causa del cedimento di una mensola. L’episodio risale a domenica 29 maggio”.
Le due coppe distrutte, realizzate all’epoca di Alessandro Magno e ritrovate nel 1954 durante gli scavi della Villa San Marco di Castellammare di Stabia, erano collocate in bella mostra su una mensola di vetro all’interno di una delle vetrine espositive del Museo Nazionale Archeologico di Napoli.
Per gli archeologi è un danno inestimabile nel mondo della cultura; calcolato in termini economici, quelle coppe che non esistono più, avevano un valore di 12 milioni di euro. Ma per i cittadini di Castellammare di Stabia è un danno patrimoniale; è la perdita di un bene che ricordava la storia della loro città, che solo in pochi avevano visto.
“Il danno economico/culturale – prosegue il segretario della Cisl-bac – è da ritenersi pari se non superiore al crollo della Schola Armaturarum, ma stranamente chi sa perché non ha sollevato gli stessi cori di protesta politici o sindacali per la mancata prevenzione. La riservatezza tenuta fa ipotizzare il tentativo di nascondere eventuali responsabilità che invece, se ci sono, vanno denunciate proprio per evitare che si possano ripetere simili episodi”.
Non ci sarebbero testimonianze visive di come si sia potuto verificare il singolare rovesciamento della mensola benché, come quasi tutte le domeniche, al museo vi erano molti visitatori.
Si ipotizza che la causa del cedimento della mensola sia da imputare alle vibrazioni prodotte dal frequente passaggio dei bus turistici, dei camion e della metropolitana, il cui percorso si snoda anche sotto la struttura museale, malgrado queste bacheche sembrano essere state progettate per resistere anche ai terremoti.
La sfortuna maggiore è che, così come ha dichiarato l’archeologo Umberto Pappalardo, nessun restauro potrà mai ridare l’antico splendore alle due inestimabili coppe di ossidiana.
“Probabilmente – denuncia Pepe – quel giorno non vi era nessun custode comandato di servizio in quella sala. Ma una cosa è certa: l’incidente poteva essere facilmente evitato adottando costanti verifiche delle strutture adibite a bacheche espositive. Per adesso le cause del cedimento della mensola non sono state ancora accertate e non credo lo saranno mai, di certo è che se le cause ipotizzate dovessero rivelarsi fondate, sarà meglio per tutti sgombrare il Museo, altrimenti si rischiano danni peggiori di quelli causati dall’eruzione del Vesuvio”.
“Il paradosso – come fa notare il sindacalista – è che le coppe sono andate distrutte proprio nel luogo deputato a proteggerle, pertanto sarebbe opportuno, qualora l’Amministrazione non abbia già provveduto, controllare la solidità di tutte le mensole e lo stato di usura di tutte le bacheche del Museo. Sembra che il Museo Nazionale Archeologico di Napoli, in termini di conservazione dei beni archeologici, sia meno affidabile degli Scavi di Pompei. Di conseguenza, riteniamo che bisognerebbe promuovere la conoscenza della nostra storia a tutti i cittadini del golfo, prendendo i reperti archeologici conservati nel Museo Nazionale Archeologico di Napoli per riportarli nelle stesse località del rinvenimento, al fine di poter istituire musei archeologici in tutte queste piccole ma magnifiche città del golfo – conclude Antonio Pepe – creando un itinerario turistico che sarebbe unico al mondo”.