Crollo alla domus di Ottavio Quartione: la soprintendente Cinquantaquattro considera l’intera area a rischio

È il giorno dopo il crollo. Alle reazioni a caldo si sostituisce la riflessione ponderata della Soprintendente Teresa Elena Cinquantaquattro sull’ulteriore cedimento del pilastro, alto circa due metri, nella domus di Ottavio Quartione e collocato nel giardino di ispirazione egizia. La dirigente del sito ammette che l’intera area degli scavi è a rischio crolli e che gli interventi che si sono fin qui succeduti sono stati insufficienti. Ciò che è essenziale, prosegue la soprintendente, è un cambiamento di strategia. Non è possibile, infatti, a suo parere, procedere a singoli interventi mirati, essendo necessario dare vita  ad uno screening sistematico dell’intera area per verificare quali siano le criticità più stringenti. Tra queste rientra la stessa domus interessata dal crollo, il cui ultimo restauro risale al 1980, essendo stata già segnalata come priorità di in vista dei prossimi lavori. Proprio i lavori, del resto, rappresentano una nota dolente per gli Scavi di Pompei, soprattutto per i tempi richiesti per eseguirli. A tal proposito, il vertice della SAP ha chiarito che mentre i fondi europei saranno impiegati per la manutenzione straordinaria e assoggettati ai tempi lunghi dei bandi europei, altre fonti di finanziamento delle attività all’interno del sito saranno immediatamente fruibili per le opere ordinarie. A tali fondi, d’altronde, si è attinto per mettere in sicurezza le altre colonne della domus di Ottavio Quartione, che rimane sotto sequestro, mentre sarebbe in corso un’inchiesta da parte della magistratura. Il giorno dopo si palesano con contorni più precisi anche le dinamiche dell’incidente: secondo una prima ricostruzione la base del pilastro, circondata dall’acqua e spazzata dal forte vento, avrebbe ceduto determinando lo sfarinamento della parte restante della struttura.

Il giorno dopo  c’è spazio per le riflessioni a freddo, le analisi e le riflessioni e si mette a fuoco meglio non solo la dinamica dell’evento ma degli eventi che si sono succeduti di recente negli scavi di Pompei perché di sistematico finora ci sono di sicuro i crolli. Il giorno dopo rimane l’amarezza di chi assiste impotente al saccheggio progressivo e ineluttabile di qualcosa non solo di importante ma di insostituibile. E quel saccheggio non è solo un pezzo di passato che scompare ma anche una buona fetta di futuro e di respiro di questa terra che ci stanno portando via. E non è una questione di colpe o di responsabilità, di queste cose si sta occupando la magistratura. Ma noi come cittadini e cittadini di Pompei ogni volta che si muove una pietra negli scavi dovremmo sentirci chiamati in causa come se ci strappassero un pezzo della nostra stessa casa, anzi peggio perché quella singola pietra, come qualcuno pure l’ha definita, ha un valore inestimabile non solo economico, artistico ma persino affettivo come di un ricordo perduto per sempre. E invece no, un crollo a Pompei sembra quasi diventata ordinaria amministrazione, una tra le tante notizie, anzi c’è il rischio che tra poco non faccia più notizia e che al danno si aggiunga la rassegnazione o peggio l’assuefazione. Il giorno dopo non ci resta che augurarci che tutto questo non accada, che l’attenzione su Pompei si mantenga sempre alta, l’affetto immutato nonostante tutto e che il crollo nella domus di Ottavio Quartione, sia l’ultimo e non solo per il 2011. E che il 2012 sia un anno nuovo per tutti, ma soprattutto per gli Scavi.

Claudia Malafronte

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