Si è scatenata sui social la gogna mediatica. Leggere commenti agli articoli fa rabbrividire, ma forse alcuni commenti anche legittimi. Ma Luigi non era solo un ragazzo che alle 4 di notte ha tentato una rapina impugnando una pistola e da un colpo di pistola perdere la vita.
Lo ricordo quando con tanto sacrificio volle imparare il mestiere del pizzaiolo, lo ricordo quando durante i mesi di loockdown tre giorni a settimana, insieme ad altri ragazzi preparava le pizze da portare a famiglie disagiate, lo ricordo piangere perchè in quei mesi non poteva vedere la sua famiglia, lo ricordo la domenica a messa con sguardo rivolto verso il basso quando durante l’omelia si parlava di vita bella alla quale ci chiama Gesù più che di bella vita o malavita.
L’ultimo incontro 10 giorni fa dove mi dicevi con sguardo poco convinto don Anto’ tutto bene. Ricordo come ci rimasi male quando il mese scorso entrai nella pizzeria dove lavoravi e mi dissero che eri andato via prima quel giorno e per questo eri assente.
Spesso mi sento fare questa domanda: ma dei ragazzi che passano per la comunità in quanti si salvano e in quanti si perdono? La vita, per fortuna, è un evolversi, nessuno di noi ha il sigillo del salvato e nessuno è per sempre perso.
Mi piace la foto che ti ritrae con gli occhi chiusi e alle spalle la frase: Fatt na pizza ca pummarola ncoppa, vedrai che il mondo, poi, ti sorriderà”. In questa frase ci credevi, ma ancora incapace di crederci fino in fondo.
Don Antonio Carbone









