Era il pomeriggio del 1 febbraio quando Rosa Alfieri, fu barbaramente uccisa, dopo un tentativo di violenza sessuale, dal nuovo vicino di casa, Elpidio D’Ambra, un 31enne che era divenuto inquilino proprio del padre della giovane vittima, al piano terra del palazzotto di famiglia in Via Risorgimento 1 a Grumo Nevano.
“Sono entrato nella casa dell’imputato, ho visto il cellulare di mia figlia a terra e poi, appena dopo, nel bagno Rosa, con la testa nel piatto doccia, un fazzoletto in bocca e una sciarpa intorno al collo”. Fino a quel momento era stata fluida la deposizione di Vincenzo Alfieri, padre di Rosa, la 23enne strangolata lo scorso febbraio dal 31enne reo confesso dell’omicidio volontario della ragazza.
Femminicidio a Grumo Nevano: caccia all’assassino della 24enne Rosa Alfieri
Nel corso della deposizione l’uomo si ferma, batte una mano sul banco, e gli occhi si riempiono di lacrime, davanti alla Corte di Assise di Napoli non riesce proprio a trattenerle quando gli tocca descrivere il ritrovamento della figlia senza vita. Ma una volta asciugati gli occhi con il fazzoletto che una guardi gli porge, Vincenzo Alfieri ricomincia il racconto dell’orrore.
Riferendosi all’imputato lo definisce un “falso”, in quanto, la prima volta che si sono visti gli aveva mostrato una foto falsa. “Solo dopo ho capito chi fosse, è figlio di una famiglia di tossici”. Dello stesso tenore sono state anche le testimonianze della madre di Rosa e del fidanzato: entrambi hanno sottolineato che Rosa si era confidata, aveva detto ad entrambi di temere quell’uomo che in più di un’occasione le aveva fatto delle advances prontamente respinte.
La prossima udienza è stata fissata per il 31 gennaio. Il sostituto procuratore di Napoli Nord ha chiesto al giudice di voler motivare l’aggravante dei motivi abietti e futili consistiti “nel cercare un approccio fisico non corrisposto con la vittima”.
L’assassino di Rosa ha confessato, ma nega le violenze: “Ho sentito voci nella mia testa”