Funivia del Monte Faito: indagini serrate sulla tragedia

La tragedia della funivia del Monte Faito è un disastro che poteva essere evitato. Ne sono convinti gli inquirenti, che stanno conducendo le indagini in maniera minuziosa. Nelle prossime ore potrebbero essere notificati i primi avvisi di garanzia, nell’ambito dell’inchiesta coordinata dal pool di magistrati della Procura di Torre Annunziata (procuratore Nunzio Fragliasso, aggiunto Giovanni Cilenti, fascicolo aperto dai sostituti Giuliano Schioppi e Alessandra Riccio) con le ipotesi di reato che al momento sono quelle di omicidio colposo plurimo e disastro colposo.

Le indagini, una priorità assoluta per ordine del procuratore Fragliasso, sono delegate alla Polizia di Stato e al lavoro ci sono gli investigatori del commissariato di Castellammare di Stabia e della Squadra Mobile di Napoli, rispettivamente guidati dai dirigenti Vincenzo Centoletti e Giovanni Leuci. I tecnici incaricati di effettuare gli accertamenti “irripetibili” stanno già raccogliendo materiale prezioso per redigere le prime relazioni sulla tragedia. Avranno tra le mani i dati raccolti sul luogo dello schianto, le immagini che le telecamere di sorveglianza hanno registrato nella stazione a monte, quelle che arrivano dai dispositivi installati sui piloni e all’interno della cabina precipitata.

Ieri mattina, per circa tre ore, magistrati e investigatori hanno effettuato un accurato sopralluogo nella zona in cui è stata ritrovata la cabina completamente distrutta. Un cumulo di lamiere nella fitta boscaglia del monte Faito, in territorio di Castellammare di Stabia, poco distante da via Quisisana, la strada chiusa al traffico da decenni a causa di alcune frane. La zona è attualmente interdetta, posta sotto sequestro come anche l’impianto. Lì, a ridosso di un dirupo, si è adagiato il vettore della funivia ormai smantellato dagli urti riportati nel pomeriggio di giovedì.

Per ricostruire l’intera dinamica dei fatti, gli investigatori stanno partendo da quegli ultimi secondi prima che la cabina a monte cominciasse inesorabilmente a tornare indietro senza freni e ad oscillare, ormai priva di controllo, andando probabilmente a sbattere violentemente contro un pilone, prima di precipitare nel vuoto. I rottami e le vittime sono stati ritrovati proprio tra il primo e il secondo pilone, ormai a un dislivello dalla quota di arrivo di circa 500 metri.

Il video dell’impianto di sorveglianza, già acquisito e ora al vaglio degli inquirenti, dura dieci secondi. Si vede la cabina che ondeggia e poi riparte all’indietro veloce, finendo per essere inghiottita dalla nebbia che avvolge la montagna. Mancavano poco meno di venti secondi all’arrivo alla stazione di monte Faito, ma il vetturista Carmine Parlato e i turisti Janan e Thaeb Suleiman, Elaine Margaret e Graeme Winn – marito e moglie – non ci arriveranno mai. La cabina viene ritrovata distrutta quasi alla metà del percorso, probabilmente dopo aver rotolato per centinaia di metri travolgendo gli alberi. Il sospetto è che si sia completamente staccata dai cavi, prima di cadere e sbalzare fuori dalla vettura le cinque persone che erano a bordo. Forse durante il rotolamento.

I primi istanti dell’incidente sono stati ripresi anche da una telecamera presente nella stazione di monte Faito dove il vettore non è mai arrivato. La cabina si era fermata a pochi metri, poi è avvenuta la rottura del cavo di trazione, dunque la cabina ha cominciato una terribile retromarcia, oscillando senza controllo e a folle velocità. In pochi istanti, scompare nella fitta nebbia e la tragedia avvenuta successivamente può essere solo ipotizzata.

Ora, due giorni dopo la tragedia, l’attenzione degli inquirenti è tutta rivolta alla ricostruzione dei fatti e alle possibili responsabilità. La Procura oplontina ha disposto il sequestro dell’intero impianto: dalle due stazioni della funivia di Castellammare di Stabia e monte Faito, alla cabina superstite e quel che resta del vettore schiantatosi al suolo, e ancora il cavo tranciato che ha causato la tragedia e un locale ufficio con tutta la documentazione. I primi atti, le autorizzazioni e tutti i documenti sono già stati acquisiti.

Sono tanti gli aspetti al momento al vaglio degli inquirenti: un guasto ai freni di emergenza, la mancata manutenzione, un malfunzionamento dell’impianto, una possibile disattenzione, la sottovalutazione delle condizioni meteo avverse. Già giovedì sera il procuratore Nunzio Fragliasso, accompagnato dall’aggiunto Giovanni Cilenti e dal sostituto Giuliano Schioppi, si è recato sul luogo della tragedia per una prima ispezione. Gli investigatori hanno già interrogato il personale dell’Eav in servizio e sequestrato tutta la documentazione utile negli uffici della holding regionale dei trasporti.

Lo scorso marzo, l’impianto era stato oggetto di una verifica da parte degli ispettori di Ansfisa, l’agenzia per la sicurezza dei trasporti, “come previsto dalla normativa sulle ispezioni periodiche. E l’8 aprile l’Eav (che gestisce l’impianto) aveva inviato alla stessa agenzia la documentazione tecnica comprensiva dell’esito delle manutenzioni ordinarie e straordinarie, nonché delle prove eseguite sui cavi, accompagnata da una relazione di idoneità dell’impianto”.

Innanzitutto, c’è da capire se in questa tragedia possa aver avuto un ruolo decisivo il maltempo. I primi soccorritori arrivati sul posto hanno raccontato di aver operato tra nebbia, pioggia e forti raffiche di vento, ma sarà compito dei consulenti della Procura stabilire se tali condizioni meteorologiche possano aver inciso sull’incidente.

L’incidente è avvenuto in fase di frenata, quando ormai mancavano pochi metri all’arrivo delle due cabine nelle stazioni a valle e a monte. Quella a Castellammare, però, dopo un sobbalzo si è bloccata, segno che il freno di sicurezza è regolarmente entrato in funzione. In quota, invece, qualcosa è andato storto, causando la perdita di attrito fino al drammatico incidente. E su quel “qualcosa” si concentra l’attenzione degli investigatori.

Sarah Riera

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