«Una tragedia che non si può raccontare, un dolore che lascia senza parole». Con voce spezzata, Loei Arafat, zio di Jana Suleiman, la 25enne palestinese con passaporto israeliano morta nel crollo della cabina della funivia del Faito, affida alle parole il dolore di un’intera famiglia. Accanto a lui c’è Mansour Ahnadi, cugino della giovane vittima, residente a Roma. Entrambi parlano un italiano fluente: Loei si è laureato in Italia trent’anni fa e ieri è giunto da Tel Aviv per stare vicino ai familiari.
Jana era in vacanza in Italia con il fratello Thabet, 23 anni, unico sopravvissuto della tragedia, ora ricoverato in gravissime condizioni all’Ospedale del Mare. «Ringraziamo le autorità italiane per la collaborazione e l’assistenza – ha dichiarato Loei – C’è totale fiducia nel lavoro della magistratura».
A rappresentare legalmente la famiglia è l’avvocato Hilarry Sedu, che chiarisce: «Il procedimento è ancora in una fase embrionale. Non ci sono notizie ufficiali sul piano giudiziario, ma la magistratura lavorerà per accertare eventuali responsabilità. In questo momento, la priorità resta la salute del giovane Thabet e il rimpatrio della salma di sua sorella Jana. La Regione Campania e tutto il personale medico hanno mostrato straordinaria umanità, e la famiglia desidera esprimere gratitudine per questo».
Mentre le indagini proseguono, il pensiero va alla giovane vita spezzata e a quella che ancora lotta per rimanere in piedi. Jana e Thabet erano in Italia da pochi giorni: una vacanza iniziata tra le meraviglie di Roma e Napoli, interrotta da un dramma che ha lasciato un segno profondo nella comunità locale e internazionale.